intervista al card. Pierbattista Pizzaballa
a cura di Roberto Cetera
in “L’Osservatore Romano” del 10 ottobre 2023
Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, solo da poche ore è riuscito a rientrare nella Città Santa passando per la Giordania e ci racconta di aver trovato «un Paese spaventato, stupito per quanto sta accadendo. Si attendeva certo una crescita della violenza ma certo non in queste forme, in questa estensione e con questa brutalità. Ho trovato anche tanta rabbia e tanta attesa di sentire una parola di orientamento, di conforto, e anche di chiarezza su quanto sta accadendo. Insomma ho trovato un Paese cambiato moltissimo e immediatamente».
Eminenza ha notizie specifiche sulle condizioni della comunità cristiana a Gaza?
Sì. Stanno tutti bene. Alcune famiglie hanno avuto le case distrutte ma sono in salvo. Sono tutti riuniti nei locali della parrocchia e della nostra scuola, supponendo che queste non siano prese di mira. Naturalmente sono in grande tensione. Hanno riserve di viveri per qualche tempo ma se la situazione di assedio dovesse continuare sarebbe un problema Ma per il momento siamo contenti di sapere che stanno tutti bene e che sono riuniti nei locali della parrocchia.
In molti commenti si è rilevata l’imprevedibilità degli eventi di queste ore, ma lei da mesi è andato - anche attraverso il nostro giornale - evidenziando una progressiva escalation di violenze che avrebbe potuto degenerare in qualcosa di ancora più grave, come sta accadendo.
Sono stato purtroppo facile profeta. L’escalation dello scontro era sotto gli occhi di tutti. Ma un’esplosione di tali violenza, dimensioni e brutalità nessuno l’aveva prevista. Questo pone comunque sul tavolo una questione che era stata accantonata. La questione palestinese, che magari qualcuno pensava archiviata. Fintanto la questione palestinese, la loro libertà, dignità e futuro non verranno presi in considerazione nelle forme necessarie oggi, prospettive di pace tra Israele e Palestina saranno sempre più difficili.
Con i combattimenti in corso è certo difficile fare previsioni, ma riesce a vedere possibili scenari per le prossime ore, per i prossimi giorni?
Sicuramente è molto difficile fare previsioni in questo momento. È chiaro che non siamo in un’operazione militare ma in una guerra dichiarata. E temo sarà una guerra molto lunga. Probabilmente la risposta israeliana non si limiterà ai bombardamenti ma ci sarà un’operazione di terra. È chiaro che siamo improvvisamente entrati in una nuova fase della vita di questo paese e delle relazioni tra Israele e Palestina.
Se di relazioni si può parlare. Cosa si sente di dire alla comunità internazionale?
La comunità internazionale deve riprendere a guardare al Medio oriente e alla questione israelopalestinese con più attenzione di quella che fino ad oggi ha mostrato. E deve lavorare moltissimo per calmare la situazione, per portare alla ragionevolezza le parti attraverso mediazioni non necessariamente pubbliche perché quelle pubbliche non funzioneranno mai. Abbiamo bisogno del sostegno, di condannare ogni forma di violenza, di isolare i violenti, e lavorare incessantemente ad un cessate il fuoco. Perché fintanto le armi parlano non sarà possibile ascoltare le altre voci.