Più cammino sulle nostre dolomiti e più mi rendo conto del patrimonio che ci è stato gratuitamente donato. E’ vero, siamo sempre alla presenza di sassi, roccia, erba, neve, ma messi in modo così perfetto e sempre diverso da lasciare sempre affascinati chi le guarda e le percorre da anni in lungo e in largo. Basta un cambio di luce, una nuvola bianca o nera su una guglia o lungo un canalone e tutto cambia tutto è diverso, un diverso tremendamente attraente (almeno per me).
Oggi siamo in sette (Roberto, Luigi, Francesco, Laura, Pietro, Umberto e il sottoscritto), e andiamo al confine tra la Val di Fassa e la Val Gardena e più precisamente al Passo Sella. L‘arrivo non è dei più agevoli, abbiamo optato per il passo e non per Campitello, per evitare il tratto in cabinovia, ma il traffico che incontriamo ci fa rimpiangere la scelta; comunque dopo alcune ore di auto i paesaggi che cominciano ad aprirsi davanti a noi sono una piacevole ricompensa.
Parcheggiato il pulmino lungo la strada del passo, carichi come molle “inforchiamo” lo zaino e via alla ricerca dell’attacco del sentiero n. 526. La “famosa città dei sassi” da dove parte il sentiero è un grande cantiere edile: due / tre alberghi sono in costruzione, il dio denaro non smette di fare sfraceli.
Sono le 11,30 quando prendiamo il sentiero, uno slalom lungo 3 km tra sassi giganteschi e il verde dei prati e dei pini. Il primo obiettivo è quello di raggiungere il rif. Comici, posto sotto le pareti verticali del Sassolungo, per le 12,00 e mangiare qualche panino, prima per saziare la fame e secondo per alleggerire lo zaino abbastanza pesante. Arriviamo esattamente alle 12,00 al rifugio, ma, vista la gente che circonda il rifugio, ci sembra di essere in piazza a Reggio Emilia; decidiamo di continuare fino a che non troviamo un posticino bello e tranquillo. All’incrocio del nostro sentiero con quello proveniente dal Santa Cristina, troviamo un laghetto glaciale, con nel mezzo una pianta ingobbita dal tempo che sembra un uomo seduto con le gambe accavallate (così lo ha descritto Francesco). Il posto è meraviglioso da un lato le pareti a picco del Sassolungo dall’altra la sommità del Monte Pana e dall’altro lo Sciliar, all’Alpe di Siusi, con la cima del monte Pez ai cui piedi s’intravedono le pareti bianche del rif. Bolzano.
Mentre mangiamo, restiamo un po’ di tempo in silenzio gustando i panini ma anche il paesaggio poi……………… risate e risate.
Ripartiamo alle 13,30 in direzione rif. Vicenza, dove Roberto ha prenotato cena e pernottamento. E’ un via vai continuo, nonostante le cattive previsioni del tempo, ci sono tantissimi escursionisti con abbigliamenti non proprio adatti per queste lunghe camminate, favoriti dalle seggiovie e cabinovie che permettono l’avvicinarsi agevolmente ai rifugi. Dopo 1 ora di cammino arriviamo al’imbocco del canalone che porta al rif. Demetz 2.600m s.l.m. e vediamo a metà della salita la nostra meta: il rif. Vicenza, strutturalmente molto bello e sito sotto la parte nord del Sassopiatto da dove parte la ferrata Schuster. Leggendo le indicazioni ad Umberto viene l’acquolina in bocca, ma la compagnia è sacra e non si può dividere. Qualche doloretto fisico e qualche giramento di testa non hanno impedito l’arrivo al rifugio. Dopo esserci sistemati nel camerone della mansarda e cambiati gli abiti inzuppati di sudore, decidiamo di goderci il panorama seduti intorno a un tavolo all’esterno del rifugio. Una barzelletta, un giochino, un indovinello, e il motivo, la ricerca del perché NON siamo riusciti a fare il campeggio, ci portano allora di cena.
Enormi porzioni di: salsiccia con polenta, salsiccia con polenta e funghi e salsiccia con patatine fritte fanno cesare la conversazione dando lavoro alle ganasce. Umberto e Francesco non ancora sazi hanno fatto il bis e poi giù risate in quantità, forse aiutate dal litro di vino sparito in quattro e quattrotto. Ci siamo ritirati in camera alle 22,00 e dopo i canonici 20 minuti di risatine e rumori vari ci siamo addormentati.
Colazione abbondante e poi alle 09,00 inforchiamo gli zaini e via verso i rif. Sassopiatto, Pertini, August e passo Sella. Il paesaggio che riempie i nostri occhi e il nostro cuore è formato da cime parzialmente innevate, pascoli alpini e mantelli di campi coltivati che riflettono la luce in colori e tonalità differenti, distese di prati fioriti, mandrie e greggi appesi alle verdi ondulazioni delle montagne, distese di abetaie e pinete fitte e quasi impenetrabili. Mentre camminiamo, sui campanili delle pareti del Sassopiatto giocano le ombre e le luci del sole mattutino e le feritoie strette delle selle si allungano nel buio, riportandomi ad un Medioevo immaginato che sembra presente e vivo. (che fantasia, se ci fosse stato Valerio mi avrebbe detto: «comincioma mia con la fantasia…. m’en ved gnint!»).
Raggiungiamo senza fatica il rif. Sassopiatto, che osserviamo dall’esterno; purtroppo il tempo sta cambiando, nuvoloni grigi promettono pioggia e ci invitano a proseguire alla veloce. Continuiamo il cammino, mentre Umberto e Francesco si recano alla Malga speck a fare provviste di Speck e ci raggiungono 10 minuti dopo in prossimità del rif. Pertini, dove ci sediamo e mangiamo al sacco con i panini rimasti dal giorno precedente. Comincia a piovere, ci vestiamo e ci ripariamo sotto il pergolato del rifugio, ma invece di smettere piove sempre più forte, finchè ci decidiamo e partiamo con la pioggia. Lungo il sentiero bagnato e scivoloso raggiungiamo un papà con il piccolo in braccio e un passeggino molto ingombrante. Lo aiutiamo, io porto il passeggino, Pietro e Francesco a turni portano il bambino e l’altro lo tiene coperto con un ombrello. Peccato non avere la macchina fotografica per immortalare questo generoso gesto. Accompagniamo il genitore fino alla cabinovia che porta a Campitello.
Raggiunto il pulmino, ci cambiamo e via a Calerno dove arriviamo intorno alle 19,00. Durante il viaggio di ritorno ecco le scene “vissute” sul pulmino. Roberto guidava con Luigi al fianco che fungeva da aiuto pilota (dopo 10 minuti era già addormentato). Dietro in seconda fila: a destra Pietro che ciondolava con la testa in avanti a occhi stretti; nel mezzo la Laura assonnata ma ancora bella vigile e a sinistra Francesco che tentava di dormire, ma non riusciva a trovare un posto per la testa. Dietro il vecchio e il non più giovane Umberto che se la raccontavano e ridevano a crepapelle. (Uno scenario da film comico).
Conclusione. La bellezza e la gioia stanno nell’erba che abbiamo sotto i piedi: basta chinarsi, vederla e raccoglierla. Basterebbe sostare un istante, chinarsi su un fiore, fissare gli occhi dei nostri DUE ragazzi, abbandonarsi agli spazi immensi per intuire il segreto manifestarsi di Dio.
Grazie della splendida compagnia e alla prossima.
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