Prende il via da oggi una nuova rubrica quindicinale, “Lettere, racconti, testimonianze dal Mondo”. Proponiamo uno strumento che aiuti a scoprire sempre più noi stessi, a guadagnare una coscienza che, forte della fede, permette di affrontare tutto - tutto! - senza paura, come raccontano molte delle testimonianze che trovate in queste pagine.
Come posso avere paura della felicità?
Mi chiamo Marty e scrivo per raccontare l’esperienza che sto vivendo.
Sono musulmana di origine: mia madre viene dall’Algeria e dalla nascita ha deciso insieme a mio padre, italiano, di farmi seguire la sua religione.
Non ho occasione di andare spesso in Africa, ma sono molto legata ai miei familiari che vivono lì e alla mia tradizione. Circa un anno fa una mia compagna di classe mi ha fatto conoscere dei suoi amici.
Sono rimasta subito stupita dall’accoglienza e dall’apertura nei miei confronti e dopo la mia prima vacanza insieme ho iniziato ad avere l’impressione che loro, nelle cose che facevano, cercassero sempre qualcosa di positivo, qualcosa per cui essere felici; le amicizie che ho stretto mi sono sembrate diverse, più belle, perché non lasciavano fuori proprio nulla di me, prendevano sul serio tutta la mia vita e per questo era tutto una grandissima novità! Ho cominciato a camminare con queste persone, cioè a seguirle.
Mi hanno proposto quello che le muoveva: L’ipotesi cristiana.
Paradossalmente proprio questo ha fatto nascere in me il desiderio di andare più a fondo della mia fede islamica: mi è dato di avere queste origini ed è giusto vivere anche questa circostanza.
Ora, io non voglio scegliere “ la cosa giusta” o quello che più mi piace, voglio semplicemente stare all’incontro che volente o nolente mi ha toccata e questo avverrà continuando a seguire le persone che mi testimoniano ogni giorno che c’è qualcosa che può dare un senso a tutto. Faccio fatica a volte a pensare che Gesù potrebbe essere la Verità per la mia vita, perché è per me qualcosa di nuovo di cui prima non mi ero accorta e perché è come se avessi il timore di tradire la mia religione. Ma come posso avere paura della possibilità di una felicità vera?
La cosa grande è che ho avuto la possibilità di intravedere tutto questo nei volti delle persone che mi stanno intorno, negli sguardi di chi ha le stesse debolezze che ho io, ma con un entusiasmo diverso verso tutto. Voglio imparare da loro che il fatto di non conoscere il nome di chi mi ha donato questi amici non è un limite, è una fatica in più, ma anche un motivo in più per continuare a cercare, una domanda in più sul senso della mia vita. Per me il Mistero è ancora più misterioso, ma se non lo fosse non dovremmo cercarlo, e basta guardare quanto si cambia una volta che lo si sfiora, per gridare che vale la pena farlo!
Marty
da "Vivere alla grande. Lettere dalla scuola"
da ITL - Chiesa di Milano
«Chi sei tu, che riesci a cambiare uno così?»
Ho 22 anni e desidero raccontarvi un fatto. Il terzo anno di liceo una mia compagna di classe, Emilia, a causa di problemi di tossicodipendenza, è stata ritirata dalla scuola. Solo dopo si è saputo che i suoi genitori l’avevano portata presso la Comunità Cenacolo di Madre Elvira.
Questa suora aiuta i tossicodipendenti senza farmaci, ma, come lei spiega, con la “Cristo terapia”, cioè una vita basata sulla preghiera, il lavoro e la dimensione comunitaria. Dopo cinque anni, tre in comunità e due in missione, Emilia è tornata a Pavia e lunedì ha testimoniato la sua storia di guarigione e conversione. Per me rivederla è stato incredibile.
Tutte le immagini che avevo sono svanite vedendola parlare: è completamente nuova. Ho sentito una stretta al cuore, perché mi sono chiesta: «Ma chi sei Tu che riesci a cambiare una persona così? Chi sei Tu che mi fai scoppiare il cuore di commozione?». Dopo l’incontro ho parlato con lei e tra noi c’era una familiarità e un’amicizia che mi stupiva. Un rapporto del genere, una sincerità così, non poteva essere possibile o spiegabile, se non pensando che, in quel momento, eravamo investite da uno stesso destino. Se dovessi descrivere il centuplo direi che è proprio questo: «Questo anticipo del rapporto con te».
Il giorno dopo la mia relatrice mi ha detto che avrei dovuto sistemare un pezzo della tesi (che credevo finita). La mia reazione immediata davanti a questo è, solitamente, sentire il dispiacere, ma soprattutto ferita nell’orgoglio di essere ripresa. Invece non me ne importava niente: avrei rifatto volentieri anche tutta la tesi, perché avevo negli occhi l’incontro della sera prima. Ho sperimentato un abbraccio così vero e tenero che davvero non avrei potuto aver paura.
Sara, Pavia
da Tracce
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