Il piedistallo invisibile che sorregge la vita
Mai come quest’anno mi sono sentito travolto, sbatacchiato, senza più capacità di reazione se non quella di stare a ciò che accadeva, letteralmente senza poter scegliere o valutare. E di continuo le situazioni mutavano. Bisogna sempre esserci e sempre con una disponibilità matura che supera l’emotività e l’istinto reattivo. Diciannove anni fa io e mia moglie pensavamo di aver “salvato” definitivamente una vita adottando una bimba di sette mesi, invece da sei anni ci richiede una grande fatica, in quest’ultimo anno ha messo al mondo due figli e ha ancora bisogno di “mettere a fuoco” tutto...
Sognavamo di fare i nonni in un’altra maniera, ma a 53 anni siamo stati proiettati in un’esperienza di accudimento di uno di questi due piccoli in attesa che il Tribunale dei Minori si esprima sul futuro di entrambi i nostri nipoti e su tutta la vicenda. Quante volte ho pensato dentro di me: «Basta, non ce la faccio più, mollo tutto», ma improvvisamente, ancora una volta veniamo accompagnati da qualcosa, da qualcuno, un fatto, una telefonata, che si impone in maniera persuasiva e, quasi senza accorgercene, il momento drammatico si dilegua e ci permette di riprendere il cammino. È successo di tutto in questi lunghissimi anni, ma non è mai venuto meno quel rapporto con la realtà e quella pace del cuore che sola ti può accompagnare, nonostante le circostanze che minano quotidianamente la speranza.
Nulla è cambiato effettivamente della drammaticità della nostra storia, non vediamo ancora segni particolari di stabilità, ma tutto è come sorretto da una struttura impercettibile, come un piedistallo invisibile che sostiene questa fragile casa. Ci aspettiamo da un momento all’altro il peggio... E non caschiamo mai. Quest’anno non sono riuscito a seguire nulla di quello che mi ero prefissato, ho saltato anche due o tre messe domenicali, ma a una cosa ho tenuto fede quotidianamente: la preghiera mattutina, il Rosario e la preghiera che ho sentito recitare per la prima volta il Memorare. Viviamo nella speranza quotidiana di essere sempre accompagnati e cerchiamo tutti i giorni di dare un senso alla fatica e al sacrificio che ci viene chiesto. Prego per l’unità della mia famiglia e per le nostre conversioni. Cerco a stento di ridirmi ogni mattina: se possibile alleggeriscici il peso, ma sempre sia fatta la Tua volontà e donaci la pace. Ringrazio Dio che, pur permettendo un sacrificio così grande, ci mette sul cammino tutti gli aiuti necessari per sostenerci e si serve di qualsiasi mezzo per dircelo. Ora sta a me, a noi, guardare a Lui con fiducia, perché un giorno possa dire anche a noi: «Sei stato fedele nel poco, ti do il molto che ho promesso».
Marco
Il bello di San Vito
25/01/2012 - Un "campionario umano" molto assortito. Per una convivenza «non programmabile» sulle Dolomiti: la casalinga e il seminarista, il liceale e la nonna, l'italiano, lo spagnolo... Ma perché nessuno si sente estraneo? «La "colla" si chiama desiderio»
Una gita durante la vacanza.
Cos'hanno in comune un brianzolo e un calabrese, uno spagnolo, un toscano e un veneto, un liceale e una nonna in pensione, un imprenditore e una maestra, una madre di sette figli e un seminarista, uno che progetta telescopi e una casalinga? Curiosando nel campionario umano della vacanza fatta con amici molto "assortiti" a San Vito di Cadore, nel cuore delle Dolomiti bellunesi, si scopre di tutto. E c’è di che restare stupiti.
Chi ha respirato il clima che si è sprigionato da questo caleidoscopio di umanità non può non essere rimasto colpito dalla positività, dal desiderio di stare insieme, dalla vivacità e creatività di quella convivenza. Escursioni a piedi in mezzo alla neve che è scesa puntuale e copiosa poche ore dopo l’inizio della vacanza (anche questo non è scontato, quando siamo arrivati le montagne erano pelate…), sciate su piste di prim’ordine, una superciaspolata ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, visite ad alcuni gioielli artistici nei dintorni (San Candido, tanto per citarne uno). E poi le serate in albergo in cui alcuni di noi hanno aiutato a capire di più e a giudicare la Primavera araba con le sue speranze e le sue contraddizioni, le meraviglie del firmamento e gli strumenti per ammirarle da lontano, la musica come espressione della Bellezza. Serate che hanno lasciato il segno, un segno infinitamente più decisivo di quelle che molti avrebbero altrimenti passato… davanti alla televisione.
Un segno che ha rilanciato la domanda: cosa ha messo insieme e cosa tiene insieme gente così diversa per età, gusti, condizione sociale e lavorativa, e chissà quante altre diversità? È una “colla” che si chiama desiderio. Desiderio di felicità, di godersi la vita in tutte le sue sfaccettature, di vivere alla grande, di camminare insieme verso il compimento del proprio destino. E il segreto di una convivenza non programmata (e non programmabile) eppure così riuscita sta nel fascino che viene da Gesù e dalla compagnia che da Lui è cominciata duemila anni fa. Qualcosa che oggi continua ad affascinare uomini e donne, genitori e figli, nonni e nipoti, poveri e ricchi, altruisti ed egoisti, estroversi e timidi, esuberanti e pigri. Nessuno si sente estraneo, ognuno si sente provocato da quel fascino. Nessuno, se è sincero con se stesso, è autorizzato a dichiararsi inadeguato, incapace, inadatto. Perché in gioco non c’è anzitutto la coerenza, le capacità o le virtù.
In gioco c’è il desiderio di felicità che abita nel cuore di ognuno, c’è la disponibilità a dire sì alla proposta semplice che ti fa tua moglie, tuo marito, tuo figlio, tuo padre, l’amico, il collega. «Vado quattro giorni in montagna con i miei amici, vieni anche tu?». Rispondendo «sì» a una domanda tanto semplice e concreta, può capitare di rimanere coinvolti in un’avventura umana dalla quale non si vuole più uscire, e nella quale si vuole coinvolgere un altro amico, un altro collega, un altro e un altro ancora…
In fondo, è cominciata così, duemila anni fa, l’avventura del cristianesimo, quando un uomo ha detto a un altro uomo: «Vieni anche tu?». E così è continuata nei secoli, e così continua anche oggi, facendo del cristianesimo non un devoto ricordo o una pratica pia, ma un fatto che continua ad avvenire. Un avvenimento, appunto.
A Betlemme, come in Brianza, a Madrid, a Venezia, Pisa, Bolzano, Prato, a San Vito di Cadore.
Giorgio, Milano – da Tracce
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