Carlo Borghi: prete, scienziato e poeta. Una vita donata alla fede
Presentare il professor don Carlo Borghi non è impresa da poco: sacerdote e scienziato ma anche letterato, poeta, musicista, pittore; sono solo alcuni aspetti di una personalità fuori del comune, è il tentativo di avvicinarci a un uomo il cui genio è stato ed è tuttora sconosciuto al grande pubblico. Nell’Anno della fede vorremmo far conoscere la vita di questo sacerdote, il suo pensiero, le sue opere, per poter approfondire il tema della non opposizione tra scienza e fede, tra fede e ragione, argomento di grande attualità e molto caro sia a Giovanni Paolo II che a Papa Benedetto.
Nato il 3 luglio 1910 a Barlassina, provincia di Monza, così narra nella sua autobiografia [Carlo Borghi, Per il 50° anniversario del mio sacerdozio, Calco, Parrocchia di S. Vigilio, 28 maggio 1983] la chiamata al sacerdozio, gli studi compiuti e i primi interrogativi di uomo che non si accontenta della superficie delle cose ma di ogni aspetto della vita vuole, ragionando, andare in fondo:
“Nel 1917 al paese dov’ero nato e dove crescevo, Barlassina, venne l’arcivescovo di Milano, il cardinal Andrea Ferrari per la visita pastorale e per dare la cresima ai bambini. Io ero tra i cresimati. Il cardinale aveva già in gola quel male che tra poco avrebbe concluso la sua vita e parlava piano. Ma io ero vicino e sentii quello che diceva durante la cerimonia, e che pressappoco era questo: voi, da ora, siete tutti soldati contro i nemici della verità. Non è che io sapessi bene cosa fosse la verità, ma quella fu per me la voce che mi chiamò. L’apostolo Paolo ammonisce: non spegnete lo Spirito.
Così cinque anni dopo entrai in seminario di S. Pietro in Severo, dove compii il ginnasio. Il liceo lo compii nel seminario di Monza. Per la teologia andai al seminario maggiore di Milano, ma subito mi mandarono a Roma al seminario Lombardo per frequentare la Pontificia Università Gregoriana; era veramente internazionale e per me fu una profonda esperienza, specialmente su quale straordinaria cosa sia la Chiesa. Nel 1933, l’arcivescovo, il cardinale Schuster, volle che andassi a Milano, dove il 9 aprile di quell’anno mi ordinò sacerdote, nel duomo di Milano; poi tornai a Roma, dove terminai la teologia, con un diploma, molte domande e alcune risposte. Queste si riferivano anche ai poteri di consacrare, di perdonare, di predicare, annessi al sacerdozio, ma soprattutto al sottostante «mistero del Cristo» che dava una risposta al grande problema esistenziale: perché esistiamo? A risolvere il quale il sacerdozio pareva destinato.”
Dopo l’ordinazione sacerdotale, fresco di studi teologici, fu inviato al Collegio arcivescovile di Porlezza ad insegnare dattilografia e stenografia, arti che non conosceva affatto ma di cui si impadronì rapidamente. Nel 1934 i superiori lo inviarono come insegnante di algebra nel Seminario di San Pietro in Seveso e contemporaneamente vollero, accortisi della sua predisposizione alla matematica e alla fisica, che si iscrivesse al Corso di Laurea in Scienze fisiche all’Università Statale di Milano, dove il suo acume e la sua preparazione lo portarono a collaborare validamente con il docente del Corso di Fisica teorica, il professor Giovanni Gentile junior.Conseguì la laurea in Fisica teorica nel 1939 con una tesi sulla instabilità del neutrone e sulla determinazione della sua vita media, lavoro che richiamò un grande interesse negli ambienti scientifici. [Ambrosiana”, Diocesi di Milano, Anno XXVI, n. 1, gennaio-febbraio 1985, pp. 46-50]. Dal 1945 al 1952 fu parroco a Calco (Lecco). Ecco come narra egli stesso – nella già citata pubblicazione autobiografica – l’abbandono della vita universitaria: “Ora, la guerra, che Leonardo chiamava la matta bestialità, per un intellettuale come me, cappellano ma anche teologo e fisico, era stata un’esperienza sconvolgente. Perciò, l’uomo che riprese ad insegnare non era più lo stesso uomo che era partito per la guerra, ma un uomo molto turbato. Nel 1945 la guerra cessò per l’Italia, e in Giappone la guerra fu terminata dalle esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
In quel periodo difficile, siamo nell’immediato dopoguerra, esercitò il suo ministero sacerdotale amando la sua gente e prodigandosi in ogni modo per tutti, materialmente e spiritualmente, tanto da lasciare un ricordo indelebile.
Nel 1952 fu chiamato a Roma; ecco come racconta il suo ritorno alla vita scientifica: “In seguito dovetti fare una scelta, anche perché ‘semel accademicus, semper accademicus’ – cioè professore una volta, professore per sempre. È come una malattia da cui non si guarisce più. Così finii per lasciarmi convincere che era opportuno iniziare una certa ricerca scientifica”. Le sue pubblicazioni scientifiche richiamarono l’attenzione di personaggi influenti che gli prospettarono l’idea di aprire un laboratorio nella capitale per una concretizzazione proficua delle sue teorie: saranno anni in cui lavorerà alla ricerca sulla produzione di neutroni mediante fusione [Camillo Giori, Ricordo di Don Carlo Borghi, in “Carlo Borghi, Metaliriche”, Comune di Barlassina, Ed. Arti Grafiche Medesi S.r.l., 2005, pp. XIII-XVIII]. A Roma fu, tra l’altro, consigliere di Pio XII.Nel 1960 fu invitato a tenere un Corso di Fisica Atomica all’Università Cattolica di Recife in Brasile. Lo stesso anno il governo brasiliano gli diede i mezzi per realizzare un Centro di ricerche atomiche sull’utilizzazione pacifica dell’energia nucleare, il Cenur (Centro de Estudios Nucleares de Universidade de Recife) che funziona tuttora. Rimarrà in Brasile fino al 1973 quando un infarto del miocardio lo costrinse a rallentare dapprima il lavoro e poi ad abbandonarlo definitivamente nel 1975. Molti furono i riconoscimenti brasiliani e anche il governo italiano, a motivo del suo prestigioso lavoro all’estero, lo premiò con la nomina di Cavaliere della Repubblica, firmata dal presidente Saragat. Nel 1975 si stabilì a Parma raggiungendo l’amico e collega professor don Camillo Giori, allora docente di Fisica nella Facoltà di Scienze della locale Università. Nonostante i disturbi derivati dalla malattia dedicò gran parte del suo tempo ai giovani, tenendo conferenze in Italia ed anche all’estero. Fu invitato al Meeting di Rimini del 1981, dove tenne una relazione dal titolo: “Da Galileo ai giorni nostri: la natura della conoscenza scientifica”, insieme ad Antonino Zichichi, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Seppe affrontare le problematiche religiose con un linguaggio diverso dall’usuale, dando un fondamento scientifico alle idee principali della Rivelazione cristiana.
Le tematiche dei suoi incontri vertevano sulla necessità di far capire i grandi problemi esistenziali in termini scientificamente accettabili, come:
1)Ci sono motivi scientifici per rispondere alla domanda “esiste Dio?”
2)Per quali ragioni scientifiche puoi sapere che hai un’anima?
3)Quali sono le origini della vita, scientificamente parlando?
4)Perché Gesù Cristo è credibile?
Per concludere vorremmo riportare alcuni passi scritti dall’autore che ci sembrano significativi per conoscere lo spirito col quale visse ed operò: “Quando mi chiedo se valeva la pena di tanto lavoro e tanto studio per tutta una vita, se è stato saggio esercitare tanta parte del mio sacerdozio in attività apparentemente laicali, se tutta questa vita piuttosto movimentata è stata conforme al sacerdozio eterno a cui la divina bontà mi ha scelto, io sento di rispondere che sì, valeva la pena, perché ha fatto comprendere a me e per mezzo mio a molti altri che cosa sia la verità e come la si può difendere e annunciare. Per questo ero stato chiamato al sacerdozio cristiano, per questo ringrazio Dio onnipotente, anche se devo assieme affidare alla sua misericordia i molti errori, le cose non fatte e quelle fatte male, perché so che questo è il prezzo dell’essere soltanto un uomo”.
Tratto da “La libertà”
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