di Bruno Viani

Non avere paura. Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente dei vescovi europei, resta interdetto di fronte ad alcune affermazioni dei primi giorni del nuovo governo gialloverde (la definizione di «vicescafisti» per gli uomini delle Ong lo lascia più che perplesso) ma invita a distinguere le parole dai fatti che verranno, a mantenere un’attenzione ma sospendere il giudizio. E dare fiducia.

Il Papa invita all’accoglienza e la sua Arcidiocesi la attua in varie forme, la preoccupano le prime prese di posizione di Salvini e alcuni membri del governo sulla svolta nelle politiche sull’immigrazione?
«L’immigrazione è un fenomeno epocale che non sembra destinato a concludersi rapidamente, se si concluderà. E in questi anni ormai lunghi dall’Italia, dall’Europa e da molte parti del mondo - e prima di tutto da parte del Santo Padre - si sono sottolineati i grandi criteri non solo cristiani ma umanitari dell’accoglienza. Questo è un punto acquisito nella coscienza internazionale. Poi, come sappiamo, un conto è fare esternazioni soprattutto a certi livelli, e un conto è governare i fenomeni: questo richiede prudenza, equilibrio e saggezza che necessariamente tutti devono avere. Anche il governo precedente aveva attuato una presa in carico equilibrata e prudente, per tentativi».


Messaggio dell’Episcopato dell’Emilia Romagna in vista delle elezioni politiche del 4 marzo 2018


Gli obiettivi dei futuri eletti
In vista delle prossime elezioni, anche noi Vescovi delle Chiese dell’Emilia Romagna, condividiamo con il Presidente della CEI, Cardinale Gualtiero Bassetti da una parte l’affermazione “che la Chiesa non è un partito e non stringe accordi con alcun soggetto politico” e dall’altra la seria preoccupazione per alcuni problemi che dovranno costituire gli obiettivi centrali dell’azione dei futuri eletti: il dramma dei giovani disoccupati e degli esclusi dal mondo del lavoro; le famiglie, provate dalla precarietà, dalla povertà e dalla fragilità dei legami, oggi meno protetti; il calo demografico e la debole difesa della vita dall’inizio alla fine del suo percorso naturale; il forte bisogno di sostegno per tutti i luoghi educativi civili o ecclesiali per i ragazzi e i giovani, soprattutto la scuola; i servizi ai malati e agli anziani; l’accoglienza regolamentata e l’inclusione sociale dei migranti.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXVI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
DELL’ 11 FEBBRAIO 2018


Mater Ecclesiae: «"Ecco tuo figlio ... Ecco tua madre".
E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé ...» (Gv 19, 26-27)


Cari fratelli e sorelle,

il servizio della Chiesa ai malati e a coloro che se ne prendono cura deve continuare con sempre rinnovato vigore, in fedeltà al mandato del Signore (cfr Lc 9,2-6; Mt 10,1-8; Mc 6,7-13) e seguendo l’esempio molto eloquente del suo Fondatore e Maestro.

Quest’anno il tema della Giornata del malato ci è dato dalle parole che Gesù, innalzato sulla croce, rivolge a sua madre Maria e a Giovanni: «“Ecco tuo figlio ... Ecco tua madre”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,26-27).


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2018
[14 gennaio 2018]
“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare
i migranti e i rifugiati”
 

Cari fratelli e sorelle!

«Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,34).

Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta.

Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore.[1] Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i quali sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità.

Al riguardo, desidero riaffermare che «la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare».[2]


A nome dei vescovi italiani, in quest’intervista, don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio per la pastorale della salute della Conferenza episcopale italiana, espone la posizione della Chiesa sulla nuova legge sul ‘fine vita’.


Il biotestamento è legge: oggi gli italiani sono davvero più liberi?

Questa decisione viene presentata come una grande conquista di libertà. Credo che la libertà debba essere orientata alla costruzione del bene della persona e del bene comune. Non trovo questi tratti nella legge approvata. Anzi, trovo che dare da mangiare e da bere a una persona è stata definita 'terapia', perché viene somministrata con un presidio clinico. Credevo che mangiare e bere fosse un diritto naturale della persona, a meno che non vi siano controindicazioni cliniche. Così come garantire la libertà di obiezione di coscienza fosse un diritto costituzionale garantito. Qui si inseriscono delle eccezioni.


SABATO 25 NOVEMBRE 2017

21^ GIORNATA NAZIONALE DELLA


CONDIVIDERE I BISOGNI
PER CONDIVIDERE IL SENSO DELLA VITA

“NON PENSIAMO AI POVERI COME DESTINATARI DI UNA BUONA PRATICA DI VOLONTARIATO DA FARE UNA VOLTA ALLA SETTIMANA [...]. QUESTE ESPERIENZE, PUR VALIDE E UTILI [...] DOVREBBERO INTRODURRE AD UN VERO INCONTRO CON I POVERI E DARE LUOGO AD UNA CONDIVISIONE CHE DIVENTI STILE DI VITA. [...] LA LORO MANO TESA VERSO DI NOI È ANCHE UN INVITO [...] A RICONOSCERE IL VALORE CHE LA POVERTÀ IN SE STESSA COSTITUISCE. LA POVERTÀ È UN ATTEGGIAMENTO DEL CUORE [...] E PERMETTE DI VIVERE IN MODO NON EGOISTICO E POSSESSIVO I LEGAMI E GLI AFFETTI”.

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE DEI POVERI, DAL VATICANO, 13 GIUGNO 2017
 
TI INVITIAMO A INIZIARE QUESTO CAMMINO,

DONANDO CON NOI UNA SPESA A CHI NE HA BISOGNO
.
 
DA 20 ANNI L’EVENTO DI SOLIDARIETÀ
PIÙ PARTECIPATO IN ITALIA

A PARTIRE DAL 1997, SONO CENTINAIA DI
MIGLIAIA LE PERSONE CHE SI SONO MESSE A
DISPOSIZIONE PER AIUTARE I PIÙ POVERI.



Il racconto di Giacomo Poretti (Aldo, Giovanni e Giacomo, ndr): il Papa è il Vigile delle anime, ci dice dove svoltare


Andare a San Siro di questi tempi per un interista e un milanista non è propriamente esaltante, spesso lo stadio è semideserto perché le squadre di Milano arrancano tra misteriosi e fumosi progetti dagli occhi a mandorla, ma sabato ho deciso lo stesso di andare allo stadio; non ero sul secondo anello o in tribuna dove di solito mi accomodo.

Ero proprio sul prato quando ad un certo punto Papa Francesco è entrato sopra il suo veicolo bianco. L’urlo di gioia e liberazione della folla, in attesa da svariate ore, metteva i brividi ed è durato per tutto il giro del campo senza scendere di intensità. Quello stadio è abituato alle urla di giubilo: Inter e Milan hanno alzato diverse Coppe dei Campioni mostrandole ai propri tifosi ebbri di gioia. Ma l’urlo di ieri conteneva qualche cosa di speciale: conteneva a malapena una speranza, una conferma, un incoraggiamento. Per le strade di Milano e Monza si è urlata la speranza di incontrare qualcuno che ci possa accogliere come solo una madre sa fare; si è urlata la speranza che esista qualcuno su questa terra che non ci sgridi e basta, che ci faccia sentire solo inadeguati e sbagliati, ieri si è urlata la speranza di trovare qualcuno che accolga le nostre innumerevoli imperfezioni e difetti.  
 
Si è urlato di stupore perché qualcuno ci ha confermato che esiste una via che porta da qualche parte, si è urlato per la gioia perché qualcuno ha confermato che esiste la strada per costruire relazioni e progetti, si è urlato perché qualcuno ha detto che la serenità è possibile, si è urlato rabbiosamente perché tutti quanti si pensava di avere smarrito la strada, ma il Vigile delle anime ha mostrato con la sua paletta dove svoltare.
 
Infine si è urlato di gratitudine perché esiste qualcuno che ci incoraggia; si è urlato sfiniti e al fine pacificati perché abbiamo compreso che qualcuno non ci lascerà mai soli.
 
Papa Francesco è contemporaneamente mamma, papà e nonno: è accogliente e protettivo come una madre, è forte e deciso come un padre che ti indica la strada pronto a soccorrerti se si dovesse inciampare; è pieno di sapienza e follemente tenero come tutti i nonni.
 
Potrei dire che tutto ciò che dice e fa Papa Francesco è il riflesso dell’Eterno, è ricordo e sequela del Figlio dell’Eterno, è la compiuta esistenza e affermazione di Lode all’Eterno, e forse solo i credenti mi comprenderebbero.
 
Ma Papa Francesco ha detto che a Milano si è sentito a casa tra credenti e non credenti.
 
Perché a Milano ieri nelle strade, nelle piazze, nei parchi, allo stadio, dentro le case, nascosti dietro le persiane, o sdraiati sui divani davanti al televisore c’erano altre centinaia di migliaia di milanesi, inquieti, che volevano sentire qualcuno che gli ridesse speranza, conferma della validità e bellezza della vita e incoraggiamento verso lo smarrimento e insensatezza di questi tempi.
 
Nessuno si prende mai la briga di leggere quello che dicono i Papi, ed io non me la sento di consigliarvi una tale impresa, ma la lettura di Papa Francesco ristorerebbe come un bicchier d’acqua.
 
Voglio segnalare solo un paio di cose, ad un certo punto mentre rispondeva ad una coppia di genitori sulla difficoltà di trasmettere i valori della fede, Papa Francesco ha rammentato che il cinema italiano del dopoguerra è una perfetta catechesi per mostrare l’umanità: ho pensato a Ladri di biciclette, a Miracolo a Milano, a I bambini ci guardano, Le notti di Cabiria, Umberto D. perché al Papa Francesco interessa l’umanità, l’uomo e non l’ideologia: mi sono venuti in mente alcuni episodi del Vangelo dove Gesù fa scendere dagli alberi usurai farabutti che lo spiavano per poi andare a pranzo con lui, esattori crudeli, prostitute, insomma gentaglia, eppure era proprio quel tipo di feccia che andava a cercare.
 
Da ultimo mi ha colpito quando ha detto ad un bambino che per crescere bene dovrebbe parlare con i nonni, giocare tanto con i suoi amici e frequentare l’oratorio.
 
Credo che Papa Francesco risvegli in tutti noi la speranza che esista per davvero un percorso di fede sensato e in chi non crede offra la possibilità di avvicinarsi ad una Chiesa materna e accogliente smettendo di essere dei tribunali dello spirito.


Giacomo Poretti - La Stampa.it


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