Un cammino biennale di discernimento vocazionale aperto a tutti i giovani (19-30 anni), per essere aiutati a comprendere dove e come Dio ci chiama a vivere in pienezza il nostro Battesimo. Per info:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


 

Omelia del Vescovo Massimo dell'8 settembre - Basilica della B.V. della Ghiara

Cari fratelli e sorelle,
con la festa di oggi inizia il decimo anno che posso vivere con voi. Se ripercorriamo assieme questo tempo, anche attraverso le parole che vi ho rivolto proprio in questa occasione, vediamo delinearsi una visione e una esperienza pastorale particolare, su cui desidero soffermarmi.

Al centro del perdono c’è Dio che ci abbraccia, non la lista dei peccati e la nostra umiliazione


La confessione “sacramento della gioia”, anzi una “festa”, in Cielo e in terra. Martedì 14 settembre, nello stadio di Košice, era come se Papa Francesco guardasse negli occhi ciascuno dei giovani accorsi ad accoglierlo per invitarli a vivere il sacramento della penitenza in modo nuovo. E ciò che ha detto loro il Successore di Pietro è stato di conforto non soltanto per i presenti, ma per chiunque abbia seguito quell’incontro in televisione o sul web, o abbia anche soltanto letto il discorso papale.

C’è poi un ultimo volto da non dimenticare, probabilmente il più indifeso: quello dei cristiani nascosti, da sempre in pericolo

«Stiamo vivendo giorni di grande apprensione. Pregate, pregate, pregate per l’Afghanistan». L’unica dichiarazione da Kabul, dove tuttora si trova, il barnabita Giovanni Scalese, responsabile della piccolissima comunità cattolica dell’Afghanistan, l’ha affidata ai microfoni di VaticanNews. Poche parole in una situazione delicatissima per una presenza che aveva il suo cuore nell’ambasciata italiana a Kabul oggi evacuata.

Intervista a Francesca Manenti, a cura di Federica Zoja
Da “Avvenire” del 17 agosto 2021

«Voi avete l’orologio, noi il tempo, ammonivano i taleban negli anni ’90. Ed era vero. Hanno aspettato che gli americani e gli alleati si rendessero conto di non poter più restare e quando è scoccata l’ora del ritiro hanno riconquistato il Paese». Francesca Manenti è analista del Centro Studi Internazionali (CE.S.I.) esperta di Afghanistan.
Fino a che punto era prevista una rotta così fallimentare?
Era attesa e anche probabile, perché ormai sul campo i taleban dimostravano una superiorità operativa. L’incapacità delle forze afghane di reggere il colpo rappresentava una certezza per molti. Anche perché sono stati abbastanza abili da costruirsi una rete di intese locali in modo da arrivare alle porte dei maggiori centri urbani e godere di appoggi.

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