In queste settimane di dura prova e di grande fatica, tristemente segnate da numerosi lutti, la Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla ha cercato di rispondere nel modo più tempestivo possibile all’emergenza sanitaria, sociale ed umanitaria causata dalla pandemia, concentrando le proprie energie soprattutto a vantaggio dei più poveri e dei più vulnerabili.
La “Mensa del Vescovo”, la “Mensa dei Cappuccini” e la “Mensa Caritas” hanno collaborato strettamente unite tra loro e così, ogni giorno, oltre 400 pasti sono assicurati alle persone che non possono cucinare nelle proprie abitazioni perché prive di utenze (gas, acqua, luce) e a tutti coloro che non hanno una fissa dimora. Inoltre, centinaia di “pacchi alimentari” vengono consegnati regolarmente ai lavoratori precari, alle famiglie disagiate e agli anziani soli presso il loro domicilio. Le Caritas Parrocchiali della Diocesi stanno intensificando i loro sforzi giorno dopo giorno, organizzandosi al meglio delle loro possibilità e con grande efficienza. Molti giovani volontari si sono resi disponibili ad aiutare, soprattutto effettuando le consegne a domicilio.

E’ passato alla Casa del Padre il nostro amato vescovo emerito Giovanni Paolo Gibertini. Durante il suo episcopato, più volte visitò le parrocchie di Calerno e S. Ilario. Probabilmente, gli adulti ricorderanno quando nel settembre 1989, lungo il tragitto da Parma verso la Diocesi di Reggio Emilia - Guastalla per il suo ingresso solenne, fece una sosta proprio a S. Ilario, dove ricevette il primo saluto e la prima accoglienza. Pur con scarsa salute, riuscì ad essere presente il parroco don Pietro Margini, il quale si sentiva onorato per trovarsi ad essere il primo parroco della Diocesi a salutare il nuovo pastore. Come il vecchio Simeone col piccolo Gesù, don Pietro gioì per aver fatto in tempo, prima di morire, a vedere negli occhi colui che la Provvidenza aveva scelto per la guida della Chiesa reggiano-guastallese. 4 mesi dopo - era il gennaio 1990 - don Pietro passava da questo mondo al Padre. La personalità del Vescovo Giovanni Paolo è stata essenzialmente una personalità ecclesiale, quella di una persona che nella appartenenza e nel servizio alla Chiesa ha trovato tutto il senso della sua vita.  Potete leggere qui di seguito quanto ha scritto il Vescovo Massimo su mons. Gibertini.

Un caro saluto,
don Fernando

S. Ilario, 4 aprile 2020

 

Monsignor Paolo Gibertini ci ha lasciati nella notte di venerdì 3 aprile, nel silenzio di questi giorni così drammatici e strani, un silenzio benedettino. Le circostanze della sua morte rivelano il senso profondo della sua vita: ci lascia a 98 anni, come una quercia che ha affondato molto in profondità le sue radici e ha potuto donare largamente i suoi frutti per tante stagioni e attraversare tanti momenti diversi, alcuni dei quali non facili. Il radicamento nelle profondità del terreno della Chiesa ha voluto dire per monsignor Gibertini innanzitutto la preghiera liturgica, cui lo aveva educato la vita monastica fin dal suo giovanissimo ingresso nel monastero di San Giovanni Evangelista a Parma; la Liturgia delle Ore che non ha mai lasciato fino agli ultimi giorni e che costituiva il pane della sua giornata e la fonte dei suoi pensieri. La nostra Chiesa deve a lui questa paternità liturgica che ha ispirato, come nota sotterranea, il suo episcopato.
Successore di monsignor Gilberto Baroni, ha ereditato il peso di un compito gravoso e certamente nuovo per lui, che pure era stato antecedentemente abate benedettino e vescovo della Diocesi di Ales-Terralba in Sardegna.
L’amore per la liturgia lo ha portato all’amore per la bellezza. Ha amato profondamente i suoi collaboratori, i presbiteri, i diaconi, la vita religiosa da cui proveniva, la vita consacrata. Il suo episcopato è stato caratterizzato dall’insistenza sul tema: “cercare Dio nell’esistenza”. Quaerere Deum era il suo motto episcopale e anche il contenuto di una sua Lettera Pastorale, nella quale emergeva la sua preoccupazione affinché la vita attiva dei reggiani fosse innervata da uno stile contemplativo.
L’ho incontrato la prima volta all’inizio del mio episcopato, il giorno del mio ingresso in Diocesi, pranzando con lui alla Casa della Carità di Montecchio. E poi altre volte, nello stesso luogo, sempre seduto al suo tavolino di preghiera, mostrandomi che il suo ministero episcopale si svolgeva ora in quel modo. Il Signore certamente lo ricompenserà per tutto il bene che ha seminato e delle prove che ha attraversato.


+ Massimo Camisasca  

 

 

Cappella del Vescovado, 8 marzo 2020

Cari fratelli e sorelle, cari amici,
è un’occasione speciale, questa, di entrare nelle vostre case e di parlarvi. È l’occasione della celebrazione domenicale, di una celebrazione quaresimale molto “particolare” per noi. Non dimentichiamo mai però che la Quaresima conduce alla Pasqua: è necessaria per poter entrare, dopo una purificazione della mente e del cuore, nell’esperienza della Risurrezione. E io spero che questa esperienza difficile e dolorosa che ci è data di vivere in questo momento, a causa della diffusione del Coronavirus, rappresenti per tutti noi una purificazione della mente e del cuore.
La mia preghiera è innanzitutto per coloro che ci hanno lasciato e perché ci sia consolazione per chi è rimasto. Desidero poi esprimere la mia vicinanza a coloro che sono in difficoltà. In primo luogo ai malati, a coloro che sono stati infettati dal Coronavirus; a coloro che in diverso modo sono limitati nelle loro condizioni di vita. La mia vicinanza va poi ai loro famigliari. Penso poi a tutti coloro che prestano il loro lavoro in questo momento difficile: i medici, gli infermieri e tutte le persone vicine ai malati, che stanno dando una prova molto profonda e molto seria di dedizione e di donazione delle proprie energie, in molti casi senza nessun risparmio di se stessi, al punto di essere, in taluni casi, toccati dalla stessa malattia. Sono vicino anche alle autorità che devono prendere decisioni difficili. Sono vicino alle famiglie che, se da un lato vedono felicemente la presenza dei loro figli a casa, dall’altra vivono la difficoltà di essere loro vicini e non sanno bene come conciliare i loro compiti scolastici e il lavoro. Tutta una serie di problemi che probabilmente si addenseranno ancora di più nei prossimi giorni.

24 febbraio 2020

Cari fedeli della Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla,
Cari amici,
in questo momento segnato da una certa inevitabile confusione, desidero far giungere a tutti voi il pensiero e le preoccupazioni del Vescovo che, come un padre, partecipa delle ansie di tutti i suoi figli.
Da dove viene il coronavirus? Dal cuore della Cina, non certo dal cuore di Dio. Ma è anche vero che Dio si sta servendo di esso per richiamarci tutti ad uno sguardo più profondo sulla nostra vita. Scopriamo infatti, improvvisamente, di essere fragili: chiusi spesso nelle certezze che vengono a noi dalle grandiose scoperte della scienza e dalla loro applicazione tecnologica, connessi con tutto il mondo e illusi di poterne essere padroni, siamo messi improvvisamente di fronte a uno scenario più realistico: l’uomo è debole, fragile e può trovare la sua grandezza e forza soltanto nell’amore verso se stesso, verso il proprio destino personale, temporaneo ed eterno e nell’amore verso gli altri e verso Dio.
Di necessità siamo così portati ad una essenzialità di vita che può creare benevoli momenti di silenzio, di riflessione, di cura. Preghiamo nelle nostre case, per noi stessi, per i malati del mondo, per i morti, per i loro cari. Preghiamo per i medici e gli operatori sanitari, preghiamo per gli uomini della sicurezza e dell’esercito, chiamati a un surplus di fatiche. Preghiamo per i nostri governanti, ritagliamoci un tempo di lettura, di riflessione, di vicinanza a coloro che hanno bisogno. Ciò che non sappiamo più fare siamo ora quasi obbligati a riprendere.
Il coronavirus non lascerà le cose come prima: dopo il suo passaggio saremo migliori o peggiori? Dipende da noi. Come le grandi malattie che hanno segnato la storia dei popoli, esso può diventare un’occasione di ravvedimento e di conversione. L’uomo senza Dio perde completamente la bussola della propria vita. Con Dio può ritrovarla. Può imparare a considerarsi non semplicemente un cercatore di soddisfazioni a buon mercato, ma un cercatore di infinito, un fratello e un amico degli altri uomini, un abitatore rispettoso di questo Pianeta, che attende di essere con noi interamente trasformato, per essere riscattato dalla sua caducità (cf. Rm 8,19-22).
In questi giorni, e probabilmente anche nei successivi, sarà difficile o addirittura impossibile partecipare alla Liturgia Eucaristica. Sostituiamola con la preghiera del Santo Rosario: invochiamo da Maria la protezione per la nostra Città, la nostra Provincia, la nostra Regione, il nostro Paese. Se ci è possibile, chiediamo la guarigione dei cuori, oltre che dei corpi, anche attraverso il digiuno, nelle forme che ciascuno deciderà di intraprendere. Capovolgiamo il male del coronavirus in un bene per tutti noi. Sono vicino ai malati, ai loro famigliari, alle comunità provate. Su tutti chiedo la benedizione del Signore.
Oggi alle ore 18.00 purtroppo non potrò tenere il momento di preghiera nella Basilica della Ghiara, che avevo previsto. Pregherò comunque allo stesso orario il Santo Rosario insieme ai miei segretari nella mia Cappella Privata: vi chiedo di unirvi alla mia preghiera dalle vostre case.

+ Massimo Camisasca

Vescovo di Reggio Emilia – Guastalla

 

Coronavirus: disposizioni per i fedeli

 

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