III domenica di Pasqua - Anno A
Ed ecco, in quello stesso giorno (il primo della settimana) due dei (discepoli) erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. (...)
La strada da Gerusalemme a Emmaus è metafora delle nostre vite, racconta sogni in cui avevamo tanto investito e che hanno fatto naufragio, bandiere ammainate alle prime delusioni. I due discepoli abbandonano la città di Dio per il loro villaggio, escono dalla grande storia e rientrano nella normalità del quotidiano. Tutto finito, si chiude, si torna a casa. Ed ecco Gesù si avvicinò e camminava con loro. Se ne stanno andando e lui li raggiunge. Con Dio succede questa cosa controcorrente: non accetta che ci arrendiamo, Dio non permette che abbandoniamo il campo. Con Dio c'è sempre un dopo.
Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele, invece... nella loro idea il Messia non poteva morire sconfitto, il Messia doveva trionfare sui nemici. Non hanno capito e lui riprende a spiegare. E interpretando le scritture, mostrava che il Cristo doveva patire. Fa comprendere quella che è da sempre l'essenza del cristianesimo: la Croce non è un incidente, ma la pienezza dell'amore.
I due camminatori ascoltano e scoprono una verità immensa: c'è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembrava assurdo, sulla croce. Così nascosta da sembrare assente, sta tessendo il filo d'oro della tela del mondo. Forse, più la mano di Dio è nascosta più è potente.
E il primo miracolo si compie già lungo la strada: non ci bruciava forse il cuore mentre ci spiegava le Scritture?
Trasmettere la fede non è consegnare delle nozioni di catechismo, ma accendere cuori, contagiare di calore e di passione chi ascolta. E dal cuore acceso dei due pellegrini escono parole che sono rimaste tra le più belle che sappiamo: resta con noi, Signore, rimani con noi, perché si fa sera. Resta con noi quando la sera scende nel cuore, resta con noi alla fine della giornata, alla fine della vita. Resta con noi, e con quanti amiamo, nel tempo e nell'eternità. No, lui non se n'è mai andato.
Lo riconobbero per il suo gesto inconfondibile: spezzare il pane e darlo. Lui che non ha mai spezzato nessuno, spezza se stesso. Lui che non chiede nulla, offre tutto di sé.
E proprio in quel momento scompare. Il Vangelo dice letteralmente: divenne invisibile. Non se n'è andato altrove, è diventato invisibile, ma è lì con loro. Scomparso alla vista, ma non assente. Anzi: «assenza più ardente presenza» (A. Bertolucci), in cammino con tutti quelli che sono in cammino, Parola che spiega e interpreta la vita, Pane per la fame di vita.
Forse la più bella preghiera da elevare a Dio è quella di Rumi: «ecco io carezzo la vita perché profuma di Te!». Lungo la strada, una carezza per chi prova dolore, un boccone di pane per chi sta per venir meno, e sentiremo profumo di Te.
(Letture: Atti 2, 14. 22-23; Salmo 15; 1 Pietro 1, 17-21; Luca 24, 13-35)
Avvenire - Il Vangelo: a cura di Ermes Ronchi
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