XXIX Domenica del Tempo Ordinario - Anno A
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
La trappola è ben congegnata: È lecito o no pagare il tributo a Roma? Fai gli interessi degli invasori o quelli della tua gente? Con qualsiasi risposta, Gesù avrebbe rischiato la vita, o per la spada dei Romani o per il pugnale degli Zeloti. Gesù non cade nella trappola: ipocriti, li chiama, cioè attori, commedianti, la vostra vita è una recita per essere visti dalla gente (Mt 6,5)...
Mostratemi la moneta del tributo. Siamo a Gerusalemme, nell'area sacra del tempio dove non doveva entrare nessuna effigie umana, neppure sulle monete. Per questo c'erano i cambiavalute all'ingresso. I farisei, i devoti, con la loro religiosità ostentata, tengono invece con sé, nel luogo più sacro al Signore, la moneta pagana proibita, il denaro dell'imperatore Tiberio, e così sono loro a mettersi contro la legge e a confessare qual è in realtà il loro dio: il loro idolo è mammona. Seguono la legge del denaro, e non quella della Thorà. I commedianti sono smascherati.
È lecito pagare? avevano chiesto. Gesù risponde cambiando il verbo, da pagare e rendere. Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. Cesare non è solo lo Stato con le sue istituzioni e le sue facce note, ma l'intera società nelle cui relazioni tutti ci umanizziamo. «Avete avuto, restituite», voi usate dello Stato che vi garantisce strade, sicurezza, mercati. Rendete, date indietro (il give back degli anglosassoni), come in uno scambio pagate tutti il tributo per un servizio che raggiunge tutti.
Come non applicare questa chiarezza semplice di Gesù ai nostri giorni di faticose riflessioni su crisi economica, manovre, tasse, elusione fiscale; come non sentirla rivolta anche ai farisei di oggi per i quali evadere le tasse è un vanto?
Gesù completa la risposta con un secondo dittico: Restituite a Dio quello che è di Dio. Siamo immersi nella gratuità: di Dio è la terra e quanto contiene; l'uomo e la donna sono dono che proviene da oltre, cosa di Dio. Restituiscili a Lui onorandoli, prendendotene cura come di un tesoro.
Ogni donna e ogni uomo sono talenti d'oro offerti a te per il tuo bene, sono nel mondo le vere monete d'oro che portano incisa l'immagine e l'iscrizione di Dio. A Cesare le cose, a Dio la persona, con tutto il suo cuore, la sua bellezza, la sua luce, e la memoria viva di Dio.
A ciascuno di noi Gesù ricorda: resta libero da ogni impero, ribelle ad ogni tentazione di venderti o di lasciarti possedere. Ripeti al potere: io non ti appartengo.
Ad ogni potere umano Gesù ricorda: Non appropriarti dell'uomo. Non violarlo, non umiliarlo, non manipolarlo: è cosa di Dio, mistero e prodigio che ha il Creatore nel sangue e nel respiro.
(Letture: Isaia 45,1.4-6; Salmo 95; 1 Tessalonicesi 1,1-5; Matteo 22,15-21).
Avvenire - Il Vangelo: a cura di Ermes Ronchi