II Domenica del Tempo Ordinario - Anno C
(...) Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono (...).
Il mondo è un immenso pianto e Gesù dà avvio alla salvezza partendo da una festa di nozze. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino. Sembra quasi sprecare la sua potenza a servizio di una causa effimera, un po' di vino in più, eppure il Vangelo chiama questo il «principe dei segni», il capostipite di tutti.
Perché a Cana Gesù vuole trasmettere il principio decisivo della relazione che unisce Dio e l'umanità. Tra uomo e Dio corre un rapporto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa, gioco, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o penitenziale, lega Dio e noi. Gesù partecipa con tutti i suoi alla celebrazione, e proclama così il suo atto di fede nell'amore tra uomo e donna, lui crede nell'amore, lo ratifica con il suo primo prodigio. Perché l'amore umano è una forza dove è custodita la passione per la vita, dove l'altro ha tutta la tua attenzione, dove la persona viene prima della legge, dove la speranza batte la rassegnazione. Dove nascono sogni.
La Chiesa, come Gesù, dovrebbe attingere vino dall'amore degli uomini, custodirlo, inebriarsi e offrirlo alla sete del mondo. Gesù prende l'amore umano e lo fa messaggio, parola di Dio. Con le nozze l'uomo scende al nodo germinale della vita, e Gesù dice: l'incontro con Dio è la tua primavera, fa germogliare vita, porta fioriture di coraggio, .
«E viene a mancare il vino». Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo dell'amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato. Simbolo della fede e dell'entusiasmo, della creatività, della passione che vengono a mancare.
Non hanno più vino, esperienza che tutti abbiamo fatto, quando stanchezza e ripetizione prendono il sopravvento. Quando ci assalgono mille dubbi, quando gli amori sono senza gioia e le case senza festa. Ma ecco il punto di svolta del racconto. Maria, la madre attenta, sapiente della sapienza del Magnificat (sa che Dio ha sazia gli affamati di vita), indica la strada: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Il femminile capace di unire il dire e il fare! Fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore, si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice.
Più Vangelo è uguale a più vita. Più Dio equivale a più io.
A lungo abbiamo pensato che al divertimento Dio preferisse il sacrificio, al gioco la gravità, e abbiamo ricoperto il Vangelo con un velo di tristezza. Invece a Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. «Dobbiamo trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo dentro la nostra felicità terrena». (Bonhoeffer).
Letture: (Isaia 62, 1-5; Salmo 95; 1 Corinzi 12, 4-11; Gv 2,1-11)