Caro Don Lao,
fin dall'inizio ti sei presentato icona del Padre misericordioso, quando hai cominciato a salutare con l'abbraccio delle tue larghe braccia tutti noi, senza distinzione se non per una preferenza particolare per i bambini, i malati, gli anziani e i più poveri.
Ci hai insegnato a non aver paura ad andare incontro alla gente, ad andare in periferia (come dirà papa Francesco), ad esprimere segni di tenerezza e di affetto.
La porta della canonica ha cominciato ad aprirsi alle tante persone, schiacciate da bisogni materiali e spirituali, che hanno sempre trovato in te sostegno e conforto.
Hai cominciato subito a parlarci dell'amore di Dio, della sua misericordia non con frasi fatte, ma come uno che ne fa continuamente esperienza, perché sta sempre con Lui (anticipando in modo profetico papa Benedetto e papa Francesco).
Sei arrivato accompagnato dalla fama di un prete importante, molto colto e capace, per gli incarichi che avevi ricoperto e che ancora avevi. Ma tu, con noi, ti sei sempre rivestito di umiltà e hai cercato di insegnarla anche a noi. Quanti libretti di "detti dei Padri del deserto" hai regalato! Non solo, ma qui a Calerno, come dice S.Paolo di Gesù, hai imparato l'umiltà dalle cose che hai patito.
Ti chiediamo perdono per le tante delusioni e amarezze che hai dovuto sopportare per le nostre incomprensioni, chiusure di cuore, pigrizie, testardaggini, quando in troppo pochi abbiamo aderito alle tue proposte, sulle quali, comunque, tu non mollavi, perché le ritenevi fondamentali per la nostra vita: gli esercizi spirituali, l'adorazione Eucaristica, i centri di ascolto...
Ci hai chiamato con paziente insistenza alla conversione, regalando tante ore del tuo tempo in confessionale. Ci hai accompagnato nel nostro cammino spirituale con grande misericordia, con rispetto della nostra libertà e molta comprensioni per le situazioni difficili, indicandoci sempre come nostra guida Gesù, non la tua persona.
Hai vissuto sino alla fine quello che insegnavi: non giudicare, sta vicino, accompagna, dà testimonianza, prega: accoglienza per tutti, specie per i più poveri. Eri Tu la Caritas della parrocchia, perché i poveri volevi tenerli per te, perché erano anch'essi il tuo incontro continuo con Gesù. Hai vissuto in simbiosi con Cristo (come dice S.Paolo:"non son più io che vivo, ma Cristo vive in me"): Parola di Dio (a partire dalle 5 del mattino, perché "dopo - dicevi - non c'è più tempo"), poveri, Eucarestia: questa la tua giornata.
Sei stato la nostra pace: la tua paziente autorevolezza sapeva conciliare ogni divergenza d'opinioni e alla fine tutti lavoravamo insieme senza recriminazioni e malumori.
Poi l'umiliazione della malattia.
"Tutto per la mia parrocchia, tutto per i miei figli", dicevi all'ospedale, quando soffrivi terribilmente e chiedevi di tornare, comunque, ancora con noi, per essere nostro parroco sino alla fine e... anche oltre. Come ci sussurravi, sorridendo come uno che si appresta ad andare a una festa, qualche giorno fa: "si sta avvicinando il Paradiso, ... di là potrò aiutarvi ancora di più".
Chi ha avuto il dono di partecipare alle messe feriali degli ultimi mesi, quando tu,dal tuo letto celebravi la messa, ha potuto sperimentare che il tuo letto era l'altare su cui era immolato non solo il corpo di Cristo, ma anche il tuo, in un libero dono per tutti noi.
Grazie per il tuo sacerdozio, vissuto con fedeltà ed espresso sempre con gioia e riconoscenza per il dono ricevuto.
Grazie per esserti fatto così tanto strumento del perdono del Signore e per averci così tanto amato. Anche noi, pur nella nostra poca fedeltà, ti abbiamo voluto molto bene.
La tua comunità parrocchiale
- Giuliana Ferretti
- Parrocchia