Calerno, omelia del 14.06.2017
Sono certo che nel cuore di tutti c’è un sentimento ben disposto verso la serata che ci apprestiamo a vivere. Stasera siamo qui primariamente perché due comunità parrocchiali intendono cominciare a conoscersi e a fraternizzare. Poi, in un secondo tempo si avvierà anche l’organizzazione delle due parrocchie in vista dell’unità pastorale. Ma il primo passo, come in tutte le cose, è sempre quello di incontrarsi come persone. Il confronto su idee e schemi pastorali sarà un passo successivo. Quando le relazioni a tu per tu funzionano bene, tutto il resto si fa più spedito.
> Ancora. Se vogliamo che tra Calerno e S. Ilario regnino unità e collaborazione, occorre che ci si abbeveri tutti alla sorgente dell’unità, il cui nome è Gesù. “Fa o Padre che siano tutti una cosa sola”: così pregò Gesù la sera prima di morire. Un difetto di unità è in radice un difetto di fede. Perché? Perché se è vero che dove è Dio fiorisce tutto ciò che è bene, fra cui l’unità, se unità non c’è è perché Dio non è fra di noi, in quanto tenuto alla larga. Ecco perché sarà necessario trovare appuntamenti comuni di preghiera. Credo che, in questo, sia una magnifica opportunità la cappella dell’adorazione eucaristica perpetua di S. Ilario.
Da quanto detto derivano alcune conseguenze.
- La prima: unità è anzitutto stimarsi, apprezzarsi e darsi fiducia, pur da posizioni differenti. Quanti matrimoni e amicizie funzionano bene pur in presenza di idee diverse. Dovremmo riuscire a dirci: “Al di là di quel che pensi, io ti stimo. Al di là delle tue scelte, io ti considero.”
- Unità è anche saper rinunciare alle proprie idee per far posto quelle di altri: cosa molto difficile ma necessaria, se vogliamo che ci sia vera collaborazione. Senza questa capacità di rinuncia, non nasce nessuna unità.
- Altro fattore di unità è la capacità di sopportare... sopportare che cosa? Una critica, la pesantezza dell’altro, le sue battute infelici, le sue idee opposte alle mie. Sopportare e il lavorare sulla propria permalosità sono fattori di unità.
- E i nemici dell’unità... chi sono? Me ne vengono in mente 5: il non comunicare/il non dialogo, le mormorazioni e i giudizi, l’essere accentratori, l’atteggiamento di chi si defila perché le cose non vanno come lui vorrebbe, la non comunione coi propri sacerdoti. Ci sono poi alcune frasi sospette, che avendo dentro di sé un po’ di risentimento, non seminano unità: “Sono io il parroco. Qui comando io” / “Qui come sempre si fa tutto a mia insaputa.” / “Ma qui s’è sempre fatto così, cos’è questa mania di cambiare.” / “O lui o io”.
- Ultima cosa: Dio ci conceda la gioia della collaborazione. Collaborare educa, collaborare fa crescere, collaborare è scuola di umiltà, collaborare è la gioia di lavorare insieme.
Gesù, siamo contenti di essere qui sta sera. Intendiamo percorrere la strada dell’unità dentro le nostre comunità e tra le due comunità. Accompagnaci lungo il cammino e ogni volta che ci vedi sbandare, tienici stetti a te amorevolmente.
- Andrea
- Parrocchia