«Si udì una voce dal cielo che disse a Mosè: “Mosè, è la fine, il tempo della tua morte è venuto”. Mosè disse a Dio: “Ti supplico, non mi abbandonare nelle mani dell’Angelo della morte! Ma Dio scese dall’alto dei cieli per prendere l’anima di Mosè e gli disse: “Mosè, chiudi gli occhi, posa le mani sul petto e accosta i piedi”. Mosè fece come Dio gli aveva ordinato. Allora Dio baciò Mosè per l’ultima volta e prese la sua anima con un bacio della sua bocca».
Sono le battute principali di un dolcissimo testo ebraico antico che descrive la morte di Mosè sul Nebo; gli stessi angeli si erano rifiutati di accompagnare la grande guida dell’Esodo in cielo non avendo il coraggio di strappargli l’anima, anzi, la stessa anima di Mosè ricusava di lasciare il corpo santo entro il quale aveva dimorato 120 anni.
Vorrei che immaginassimo la morte di Giorgio in filigrana a questa pagina così tenera e serena perché come Mosè è stato la guida del suo popolo per quaranta anni così Giorgio è stato una delle guide della Parrocchia di Calerno per lo stesso tempo.
“Guida” con riferimento alla grande passione per la montagna che ha trasmesso; che si parli di Appennino, Dolomiti o Monte Bianco è sempre riduttivo dato che ci si riferisce a brevi periodi di vacanza. Parliamo invece di guida nel camminare, inteso come modo di stare con gli altri, coltivare amicizie, lasciare spazio al silenzio e alla meraviglia, esplorare il paesaggio, organizzare tutto anche nei minimi dettagli sapendo che i grandi risultati richiedono allenamento, costanza, fatica.
Parliamo di guida educativa per tante generazioni di ragazzi dai quali, con delicatezza e attenzione personale, Giorgio ha saputo tirare fuori il MEGLIO.
Camminare sulle montagne più alte, come condividere le passeggiate in quota (il giro dei 4 Colli era diventato un suo cavallo di battaglia!) insieme all’esperienza dei pellegrinaggi a Roma, Santiago, Assisi ha confermato la sua voglia di mettersi in gioco sempre, anche quando l’anagrafe dice che sei diventato anziano. Anzi, negli ultimi anni, il suo servizio è andato intensificandosi: come non ricordare il suo sorriso sornione nel presentare nuove magie, la trepidazione nell’esperienza di chierichetto alla messa feriale, la tenacia nella gestione del minibasket come nella preparazione atletica del gruppo del calcio e dei ragazzi della pallacanestro? E la cura settimanale della rubrica “Il lunedì del Vecio” sul sito parrocchiale che ci ha fatti divertire procurandoci non pochi grattacapi.
Come certi fiori emano un profumo più intenso verso sera, così è per i saggi che avanzano negli anni: diventano più luminosi ed intensi nella loro testimonianza.
Semplicità e serenità sono state sue caratteristiche: le persone autenticamente profonde sanno consegnarsi al mondo secondo uno stile modesto, lieve, semplice, non sollevano polvere, sono pronte a donarsi agli altri senza che la destra sappia ciò che fa la sinistra, come bambini sorridono con gli occhi, non giudicano, creano intorno a sé simpatia, interesse, curiosità.
La malattia lo coglie in forma strana, lui sempre morigerato, senza eccessi, ma viene subito accettata come fase ineluttabile della vita.
Ci immaginiamo abbia fatte sue le parole del cardinal Martini: “Parto dal principio che Dio non pretenda troppo da me, sa cosa riusciamo a sopportare… la vicinanza di Dio non può mai mancare se lo si è cercato, incalzato, pregato. Non può mancare nella vecchiaia normale e neanche quando l’insulto della malattia dovesse sfigurarci… si annullerà tutto ma non l’abbraccio e la carezza ultima, prodigiosa come la prima (da “Conversazioni notturne a Gerusalemme”).
Affidando Giorgio alla carezza ultima di Dio, possiamo soltanto dire grazie per il cammino condiviso; l’esperienza vissuta non rimanga però un ricordo ma diventi per ciascuno di noi, in qualsiasi fase della vita, impegno ad assumere il suo testimone per vivere con più intensità e generosità il tempo che ci è dato.
Marco Garimberti da la Libertà del 31 agosto 2013