Il rapporto tra preti e laici
Tanti laici delle nostre parrocchie sempre più s’accorgano del sovraccarico di lavoro pastorale che grava sulle spalle dei loro preti. E a testimonianza di questo, stanno certe scene non proprio belle: alludo a quando certi miei confratelli non sentono la sveglia al mattino o che per stanchezza trattano un pò duramente la gente o che s’addormentano durante la predica del prete che presiede la celebrazione o che crollano dalla stanchezza mentre ascoltano le Confessioni o che si dimenticano di appuntamenti importanti pur avendoli scritti in agenda, ecc. Mi vien da chiedere accoratamente: cari laici, vigilate amorosamente su vostri preti!
- Vigilate su noi preti perché riusciamo a mantenerci grati al Signore per la magnifica vocazione ricevuta e per tutti coloro che ci aiutano a mantenerla viva.
- Vigilate su noi preti perché il gruppo dei più stretti collaboratori non finisca per essere così stabile e vincolante da diventare uno schermo che ci impedisce di vedere il resto della comunità e di percepirne gli umori.
- Vigilate su noi preti affinché chiunque lo desideri, riesca ad incontrarci liberamente senza il filtro o l’impedimento di qualche collaboratore.
- Vigilate su noi preti affinché avendo scelto di servire il Signore, non diventiamo servitori di nessun altro padrone, memori di quanto disse Gesù: non si possono servire 2 padroni (Mt.6, 24).
- Vigilate su noi preti affinché nel dare un incarico a questo e a quello non siamo condizionati e che non capiti che la persona da noi scelta trasformi il suo incarico in un potere anziché in un servizio.
Cosa comporta essere membri del Consiglio pastorale?
- Mi chiedo a volte: i membri del CP leggono sempre l’o.d.g. delle riunioni? M’immagino la scena di qualche consigliere che prima di uscire di casa, non ricordandosi l’o.d.g., scorre velocemente il telefonino alla ricerca dalla mail di convocazione, e semmai non la trova più. E così viene in Consiglio senza aver riflettuto sui diversi punti dell’o.d.g., senza aver raccolto il parere di nessuno, senza essersi documentato e senza essersi fatto un parere personale. E se ugualmente farà un intervento durante la riunione, è perché lo avrà deciso sul momento, col rischio di parlare non ponderatamente. Oppure starà zitto, forse solo perché la riunione possa finire presto. Mi chiedo: è serio partecipare al CP così? In questo modo si dà ragione a chi dice: L’ho sempre detto che il CP non serve a niente!- Bisogna evitare che in CP qualcuno prevalga su tutti e che quindi non si riesca mai a ragionare sulle cose come si deve e col contributo di tutti. Bisogna evitare che siano sempre gli stessi a parlare, i quali semmai non s’accorgono di essere interminabili, dando per scontato di essere sempre interessanti.
- Se hai accettato di far parte del CP non trovare sempre una scusa per non andarci.
- L’o.d.g. che ti arriva a volte ha degli allegati: anche questi vanno letti.
- Se non sei contento delle cose che vengono trattate in CP, anziché spargere critiche, invia una mail alla segreteria contenente i tuoi suggerimenti.
- Prima di ogni seduta del CP, dì una preghierina o, meglio, invoca lo Spirito Santo affinché la riunione sia più illuminata.
- Se intervieni durante il CP, sii sobrio e cerca di non uscire dall’argomento. E però non tacere se hai qualcosa da dire, anche perché spesso accade che è a riunione terminata che nasce una sorta di ‘dopo Consiglio’ a gruppetti, nei quali si dicono cose che si sarebbero dovute dire in Consiglio. Anzi, è proprio in questo “Consiglio alternativo” che si dice quel che veramente si pensa.
- Se prendi la parola per fare qualche raccomandazione, verifica prima se tu sei il 1° a fare quanto raccomandi. In una parola, sii credibile, parla di quello che sai e taci quello che ignori.
- Chiunque interviene va ascoltato esattamente come hai piacere tu di essere ascoltato.
- Tieni spento o in silenzio il telefonino e, comunque, evita di rispondere a chi ti ha messaggiato.
- Evita di arrabbiarti se chi interviene esprime un parere contrario al tuo e soprattutto non intenderlo necessariamente come un’ostilità verso di te.
- Il bravo consigliere pastorale nel riferire in casa o agli amici come è andato il Consiglio eviterà di mettere in cattiva luce questo o quello, memore di quanto disse P. Pio, ora santo: La mormorazione è un vizio volontario che fa morire la carità.
- I membri del CP devono essere i primi a mostrare che ci si impegna in parrocchia soprattutto per una ragione, per amore del Vangelo. Se Gesù e il Vangelo non sono la vera motivazione che ti muove, ecco che sorgono rivalità, personalismi e atteggiamenti non caritatevoli. Se pertanto ti accorgi che non è il Signore a ispirare il tuo agire, fermati, rifletti e cerca di purificare le ragioni del tuo impegno. Sì, è vero, possono esserci altre ragioni del tuo impegno in parrocchia: se così è, fa in modo che rimangano ragioni minori e non prioritarie. Ad es. quando si è genitori di bimbi piccoli o anche di ragazzi adolescenti, si è più motivati ad impegnarsi in parrocchia. In fondo è il futuro del proprio figlio che è in ballo. Ebbene, ci sta questa ragione e però occorre tenere lo sguardo oltre i propri figli per posarlo sull’intera comunità e i suoi bisogni.
- Se tu consigliere pastorale sei una persona molto impegnata in parrocchia, guardati da questo rischio: è un attimo che la tua generosità si trasformi in protagonismo o che s’insinui in te l’idea che se manchi tu, tutto vada a rotoli. Per evitare questo rischio, ti è di aiuto accettare una correzione e confrontarti con amici e la guida spirituale.
L’impegno in parrocchia
- Non ci si impegna in parrocchia perché c’è un parroco che piace, come pure, non ci si disimpegna perché c’è un parroco che non piace. Tu operi in parrocchia per il prete o per Gesù? Se è vero che quando c’è un cambio di parroco c’è chi ‘monta su’ e chi ‘smonta’ in base al tipo di prete che arriva, ti pare che questo modo di fare sia ispirato al Vangelo?
- Ti pare giusto disimpegnarti perché tra i collaboratori parrocchiali c’è qualcuno col quale c’è incompatibilità? Anche qui, non ti pare che questa tua decisione non abbia nulla a che fare col Vangelo?
- Non ci si impegna in parrocchia per poter svolgere il servizio che piace, ma per poter svolgere il servizio di cui c’è bisogno. Non che sia sbagliato agire per piacere, è però col parroco che si deve concordare il servizio da svolgere, avendo solo lui l’orizzonte completo dei bisogni della comunità.
- Un’altra questione è quella che riguarda quei collaboratori che arrivano a defilarsi dalla vita parrocchiale non per una ragione di persone, ma perché non condividono le linee di fondo della pastorale parrocchiale. E’ questo un punto delicato, che ci ricorda l’importanza della maturità ecclesiale nei rapporti all’interno della comunità cristiana. Il punto da recepire è questo: la parrocchia non è una democrazia, ma una comunione; il dialogo, negli organismi parrocchiali, non è una negoziazione ma una condivisione fraterna, che ha nel parroco il riferimento ultimo. Le parole maggioranza e opposizione sono di un parlamento, non di una parrocchia. Ne deriva che non bisogna pretendere che la propria personale spiritualità e sensibilità divengano la sensibilità e la spiritualità della parrocchia. Sia chiaro però che qual ora uno faccia davvero fatica a far convivere la propria spiritualità con quella della parrocchia, deve sentirsi libero di agire secondo coscienza. E’ in pace che siamo chiamati a vivere dice S. Paolo nella Bibbia.
25.01.2018