I primi casi di coronavirus in Albania risalgono a lunedì 9 marzo. Dal giorno successivo sono state chiuse le scuole e anche le attività per i bambini in parrocchia. Fino alla fine di quella settimana le messe si sono tenute regolarmente, poi la conferenza episcopale albanese ha deciso di sospendere ogni tipo di attività parrocchiale. Da giovedì 12 la casa di carità di Vau-Dejȅs è stata messa in quarantena. Questo ha comportato un notevole aumento di lavoro per le suore. E’ stato permesso a me e Alessandro di continuare il servizio in casa, a patto di non entrare in contatto con altre persone. Venerdì 13 dal Centro Missionario Diocesano di Reggio, dopo aver consultato il vescovo Massimo, ci hanno consigliato di rientrare in Italia. Avrebbero contattato l’ambasciata italiana per capire come farci tornare, perché ogni via di comunicazione con l’Italia era interrotta.
Alle 18 dello stesso giorno ci ha contattati l’ambasciata e ci ha detto che ci sarebbe stato un volo la sera stessa e che bisognava essere in aeroporto entro le 21. Abbiamo fatto le valigie di corsa, abbiamo salutato in pochi minuti le suore, gli ospiti, don Mark e monsignor Simon e ci siamo precipitati in aeroporto. A pochi chilometri dall’aeroporto l’ambasciata ci ha comunicato che il volo era stato annullato perché troppe persone avevano avuto difficoltà a raggiungere l’aeroporto, visto il poco preavviso e la difficoltà a circolare a causa della chiusura delle strade.
Il rientro a Vau-Dejȅs mi ha dato il tempo per prendere una decisione. La situazione in Albania era decisamente migliore di quella in Italia, però la sanità albanese è molto carente e ammalarsi avrebbe comportato un rischio molto serio. Allo stesso tempo la casa di carità aveva un gran bisogno di aiuto e andarsene proprio in quel momento non sarebbe stata una grande idea. Avrei deciso di rimanere prendendomi la responsabilità nonostante i rischi, ma da casa non me lo hanno permesso, quindi sabato 14 abbiamo confermato all’ambasciata la nostra richiesta per rientrare. Lunedì 16 alle 4.30 siamo partiti da Vau-Dejȅs, siamo atterrati a Roma verso le 10.30 e siamo rientrati a Reggio in treno alle 18.30.
Attualmente in Albania ci sono 123 contagiati, due dei quali a Scutari, e sembra che nella zona di Vau-Dejȅs non ve ne siano. Già da diversi giorni sono chiuse le attività commerciali, non è più possibile circolare in macchina nemmeno in paese salvo permessi speciali e non è più consentito uscire di casa in certe fasce orarie. In casa di carità stanno bene e stanno cercando di limitare il numero di persone che vi possono accedere, evitando il contatto con gli ospiti. Al momento stanno prestando servizio solo don Mark, monsignor Simon, le suore Dorotee e un’operatrice Caritas. Gli ultimi giorni in Albania sono stati molto intensi. La situazione è cambiata nel giro di pochissimo tempo e il lavoro da fare in casa di carità è stato tanto. Il rientro è stato difficile perché fino a pochi giorni prima ogni attività veniva svolta regolarmente, stavamo programmando i prossimi mesi, e non avrei mai immaginato che sarei dovuto rientrare in queste condizioni. Spero di poter tornare quando la situazione migliorerà.