Omelia XXIX^ Domenica del Tempo Ordinario 21 Ottobre 2018
La mia riflessione questa mattina prende le mosse dal finale del Vangelo, dove Gesù dice: Chi tra voi vuole diventare grande si faccia vostro servitore. Io non sono venuto per farmi servire, ma per servire.
Parole da vertigini: il Figlio di Dio si definisce nostro servitore! Siamo innanzi alla più sorprendente e più rivoluzionaria di tutte le autodefinizioni di Gesù. Vanno a pezzi le vecchie idee su Dio, tipo: Dio è il nostro padrone, tremate al suo arrivo! Invece niente di tutto questo, perché Gesù viene a dirci: sono un servo, sono a venuto a servire la vostra felicità, a servire la vostra libertà, a servire i vostri sogni e la vostra vocazione. Proprio perché da che mondo è mondo le divinità di tutte le religioni pretendono di essere servite dagli uomini, l’annuncio di Gesù risultò sconcertante: sono venuto a servirvi non a farmi servire.
Noi crediamo in un Dio che non chiede onore, ma che si dona.
E’ dunque servire la parola su cui il Vangelo ci chiede di riflettere questa mattina. Proviamo a scavare dentro questa parola, al fine di renderla, come per Gesù, una nostra caratteristica.
- Dopo il verbo amare, i verbi più belli del mondo sono aiutare e servire.
Quando ci sentiamo preoccupati più degli altri che di noi stessi, è una gran cosa perché è da qui che nasce il senso del servizio.
Vedete, nella vita non bisogna usare solo la testa, ma anche il cuore: il servizio è molto una questione di cuore.
- Ancora, servire dice che lo scopo della vita non è vincere ma condividere. Quando mi guardo indietro, e non essendo più giovane riesco a farlo, constato che ho trovato più soddisfazione nell’essermi adoperato per qualcuno che nell’essermi ingrandito con qualche successo personale.
Un modo di esistere tra i più belli è sentirsi utili, è non vivere invano. Quindi se impedisco a un cuore di spezzarsi o se faccio sbocciare il sorriso su un volto triste o se accendo anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno, io potrò dire: non ho vissuto invano!
Se è vero che siamo al mondo per lasciarlo un po’ meglio di come lo abbiamo trovato, essere a servizio del mondo è mettersi su questa strada.
> Ho la sensazione che ancora presso tanti, nonostante il gran parlare che se ne fa, l’idea del servizio evochi parole come soggezione, declassamenti di dignità, cali di rango, essere dei dipendenti, arrendersi, non avere mai l’ultima parola.
Ora, proprio perché non la si pensi così, il Vangelo alla parola servizio abbina la parola grandezza: chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore.
Come a dire: servire non è un declassamento ma un gesto grandioso. Gesù non disapprova il desiderio di grandezza, a patto che sia una grandezza volta a servire. Servire, per Gesù, non diminuisce e non toglie la dignità dell’uomo, al contrario, gli conferisce la vera grandezza.
> In un passo del Vangelo Gesù parla di una caratteristica del servizio, la gratuità: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date, dice. Che significa: non puoi dire di aver vissuto veramente fino a che non hai fatto qualcosa per qualcuno che non potrà ripagarti.
Certo, viviamo di ciò che si possediamo, ma viviamo anche e soprattutto di ciò che doniamo. La qualità di una vita non sta nella sua durata ma in quanto si è donata. - Trovandoci in ottobre, mese della Madonna, mi piace menzionarla.
Per ben due volte nel Vangelo ella si autodefinisce serva. La prima, quando, rispondendo all’angelo, gli offre il suo biglietto di visita: Eccomi, sono la serva del Signore. La seconda, quando nel Magnificat afferma che Dio ha guardato l’umiltà della sua serva. E cioè, dopo che innanzi all’angelo si definì serva, corse subito a farsi serva da Elisabetta.
Quando alle nozze di Cana agli inservienti disse: Fate quello che Gesù vi dirà, fu una frase, questa, tipica di chi è abituato non a disporre ma a essere a disposizione.
Maria, insegnaci l’umiltà del servizio, la generosità del servizio e la gioia del servizio.