Omelia di Domenica 23 Dicembre 2018 IV^ di Avvento
Questa mattina è davanti a noi un passo del Vangelo tra i miei preferiti, dove le protagoniste sono due donne, meglio due mamme, Maria madre di Gesù ed Elisabetta, madre di Giovanni Battista.
Io adesso non farò altro che scorrere questo quadretto evangelico commentandolo nelle sue diverse parti.
- La 1^ cosa su cui mi soffermo è questa: Elisabetta e Maria. essendo entrambe incinte, sono una bell'immagine del cristiano.
Dico così perché una donna in attesa non ha bisogno di dare spiegazioni, basta guardarla ed è evidente cosa le sta accadendo. Essa è viva di due vite, battono in lei due cuori, che non è possibile separare.
Bene, così è il cristiano: grazie ai sacramenti a cui s’accosta, pure lui è abitato da un'altra vita, quella di Dio, respira con il respiro di Dio, sente coi sentimenti di Cristo, possiede due cuori, il proprio e quello di Gesù, inseparabili. Mi chiedo: siamo consapevoli di essere abitati da una così grande ricchezza?
- Un 2° elemento di riflessione è l’amicizia.
Il come s’è svolta la visita di Maria ad Elisabetta mi fa dire: ci è amico chi indovina il momento in cui deve starci vicino.
Maria fece così con Elisabetta, la quale in quel periodo si trovava in un momento molto particolare. E proprio per questo Maria le fece visita.
L’ amico non è colui che è sempre con te ma colui che c’è tutte le volte che occorre. L’amico vero non ti dà il tempo che ha, ma il tempo che occorre: ecco perché Maria in quella circostanza non rimase con Elisabetta qualche giorno, ma tre mesi; si vede che era il tempo che occorreva.
- Un 3° elemento di riflessione è questo: nel nostro episodio, sia Elisabetta che Maria. hanno qualcosa da dirci.
> Parto da MARIA. Nel recarsi da Elisabetta, Maria aveva dentro di sé un segreto che non riusciva a tenersi dentro ma che doveva comunicare, alla persona giusta s’intende.
Solo che nel decidere di andare da Elisabetta compì un gesto ardito.
Non si lasciò spaventare dalla lunghezza e durezza del viaggio, neppure dalla possibilità di mettere in pericolo la vita del figlio che aveva in grembo: uno scossone in più o uno spavento in più ... e la gravidanza veniva compromessa. Non è difficile immaginare le obiezioni che Maria ricevette: Maria, ma chi te lo fa fare? Val la pena che tu faccia un viaggio così lungo con un bimbo in grembo? Ma perché ti metti così alla prova? E alla tua famiglia, che rimane senza di te per un bel pezzetto di tempo, chi pensa? Non ti pare di essere molto imprudente?
Insomma, Maria probabilmente passò per un’irresponsabile, ricevette critiche e perché no, cattiverie. Eppure, se così decise, fu perché in lei dominava l’assoluta certezza che quanto s’apprestava a fare aveva l’approvazione di Dio.
> Passo ad ELISABETTA. Abbiamo sentito che nel ricevere Maria, Elisabetta - cito testualmente - esclamò a gran voce: A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Che è come dire: Ma ci vedo bene? Sei tu? Fin qui da me su queste aspre montagne sei venuta? Che grande che sei e che gioia vederti!
Ma c’è di più: Elisabetta, a queste sue emozioni aggiunge parole molto belle: e beata te che hai creduto!
Magari tutti noi potessimo ricevere un simile complimento. Elisabetta, ammirando il credere di Maria mostrava d’aver capito che Dio è la questione più vera e più importante dell’esistenza.
Credere è un modo di vivere, al punto che per chi ha fede, qualsiasi cosa non è più una cosa qualsiasi.
Fede vera non è la convinzione che Dio farà quello che vuoi tu, ma l’esperienza di un Dio che è sempre con te.
Sto imparando una cosa col passare degli anni: sempre più capisco che l’essenziale della vita è la fede.
Sempre più è una cosa che soprattutto m’interessa: piacere a Dio. Dio è ciò che più conta, tutto il resto è dettaglio.
Credetemi, ogni volta che mi intrattengo col Signore, mi accendo, mi si apre il cuore, prendo più a cuore gli altri, divengo più buono. Qualcuno ha detto: Ma io non riesco a credere 365 giorni all’anno!
E’ vero, credere o meglio continuare a credere soprattutto quando accadono certe cose non è facile (penso al funerale che ho fatto ieri, di una mamma 49enne che lascia marito e figli).
Io non vi so dire se sia più difficile credere o non credere, un cosa però so: cercare di credere è già credere, come cercare di perdonare è già perdonare, come cercare di pregare è già pregare.
Elisabetta e Maria, metteteci in cuore la vostra fede.