Omelia di Domenica 20 Ottobre 2019 - XXIX del Tempo Ordinario
E’ sempre salutare riflettere sul Vangelo, come ogni domenica facciamo. Della pagina evangelica appena ascoltata mi soffermo su 2 passaggi.
Il 1° - C’era una vedova, che andava da un giudice e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Simpatica questa vedova: tosta, tenace, fiduciosa. Avendo subito un’ingiustizia non intendeva darsi per vinta. E infatti la spuntò, riuscì a ottenere giustizia. Mi vien da dire: di quante cose sono capaci le donne! Ora, la cosa interessante di questa vedova non è solo l’insistenza con quel giudice e la certa fiducia di farcela, ma anche il contenuto della sua richiesta. In fondo, ella chiede al giudice, o meglio, pretende dal giudice che sia un vero giudice, che faccia bene il suo mestiere. E’ come se gli avesse detto: Sei un giudice o no? E allora fammi giustizia. Se hai scelto di fare il giudice, svolgi bene questo compito fino in fondo. Qualche esempio. Se uno mi dicesse: don F. sei o no un prete?! E allora mostralo davvero. Oppure: Tu sei un insegnante? E allora fa ben vedere che ti sei preparato la lezione e in classe coi ragazzi dà ben il meglio di te. Oppure: Hai la fidanzata/o o sei sposato/a? Mostra bene allora che la tua vita di coppia è davvero una priorità.
Dunque, la vedova del Vangelo, insistendo col giudice perché facesse bene il suo mestiere, ci ricorda che siamo chiamati a essere persone responsabili, con vivo il senso dei nostri doveri. In breve, Gesù raccontando di questa vedova ha voluto dirci 2 cosette:
> Non gettare sugli altri responsabilità che sono tue; sei tu il responsabile della tua vita. Nessun altro lo è. Nessuno può sostituirti in responsabilità che sono tue. Pertanto, quando qualcosa non funziona nella tua vita, prima di prendertela con gli altri, verifica se ci sono state tue responsabilità.
> Il proprio dovere non occorre farlo in funzione di un grazie da sentirsi dire. D’accordo, un grazie se ci vien detto è sempre gradito, ma il bene va fatto per amore del bene e non per una ricompensa.
2) E ora passo a dire una parola sulla domanda con cui Gesù chiude il Vangelo: Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? Cioè: quando alla fine del mondo io, Gesù, tornerò troverò ancora gente che crede? E’ una domanda che mi inquieta perché anche solo l’ipotesi che la fede in Dio venga meno sulla terra e che non ci siano più credenti, m’intristisce e tanto. E tuttavia se Gesù ha parlato così è segno che nulla è garantito, nulla è assicurato, e quindi occorre che noi credenti ci mettiamo più responsabilmente al servizio della diffusione della fede. Tra l’altro oggi è la domenica missionaria: cosa sono i missionari se non i diffusori della fede in ogni angolo della terra? Siamone certi: Dio non abbandona né i credenti né la sua Chiesa, e però ammonisce la Chiesa e noi cristiani a non diventare non-chiesa, a non dissolverci nella mondanità, perdendo i tratti caratteristici del vero credente.
Insisto, Dio non ci abbandona: il problema non è Dio, il problema siamo noi che spesso perdiamo coerenza e credibilità, e quindi offriamo un cattivo servizio a Dio e al diffondersi della fede. Sarebbe come dire che tanti matrimoni non vanno bene perché il problema è l’amore, ma il problema non è l’amore, il problema sono gli individui. Non ci resta dunque in questa domenica che rinnovare la nostra fede, proponendoci di tenerla ben alimentata attraverso la vita sacramentale. In questo modo, Gesù quando tornerà, gli si potrà dire: Gesù grazie del dono della fede, ci siamo impegnati a diffonderla e a farla germogliare in chi abbiamo incontrato. Più o meno disse così anche S. Paolo alla fine della sua vita: Signore ho conservato la fede e l’ho fatta fiorire in coloro che tu m’hai affidato.
Concludo: portiamoci a casa questa mattina la provocazione di Gesù Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? E viviamo tutti in modo che egli, al suo ritorno, possa sentire come risposta queste parole: Signore, grazie a te, ce l’abbiamo fatta, come puoi constatare la fede arde ancora in tanti cuori.