Omelia di Domenica 17 Novembre 2019 - XXXIII del Tempo Ordinario
Ci colpiscono, e molto, le parole catastrofiche del Vangelo di questa S. Messa. Interpellato sulle sorti della città di Gerusalemme, Gesù prende spunto dalla fine ingloriosa di questa città per descrivere la fine del mondo. E lo fa ricorrendo alle categorie apocalittiche del tempo, le quali se da una parte non vanno prese alla lettera, dall’altra il messaggio forte che contengono, è da cogliere. Su una frase in particolare vorrei riflettere: nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Che vuol dire: ciascuno di noi è talmente prezioso agli occhi di Dio, che fin ogni nostro capello è importante. Il messaggio è chiaro: davanti a Dio non siamo un numero, ma un volto. Se per l’amministrazione pubblica siamo un codice fiscale, davanti a Dio siamo pezzi unici, irrepetibili e insostituibili. Il tu con cui Dio si rivolge a noi non lo adopera con nessun altro, con la stessa gradazione e intimità. Tre esempi ci aiutano a capire.
Il 1° - Facciamo il caso che uno di noi, dipendente dell’ACT di Reggio, domani mattina trovandosi influenzato, non riesca ad andare al lavoro. Cosa fa l’azienda? S’impegna subito a sostituirci con un altro. Ecco la parola imputata: sostituzione. All’azienda più che la nostra persona, interessa che il lavoro venga svolto, per cui se non ci sono io, l’importante è che ci sia un altro al mio posto. Tante aziende ti considerano in funzione del lavoro che svolgi, in funzione di una prestazione. L’importante non è che tu sia Francesco o Gianna o Niccolò, ma che ci sia qualcuno che faccia quel certo lavoro: uno può sostituire l’altro. Conta che il lavoro si svolga, non colui che lo svolge.
2° es. - E’ domenica e 2 fidanzati decidono d’andare a passare la giornata al lago di Garda. La ragazza però al mattino non si presenta, perché s’è alzata influenzata. Domanda: pensate forse che il fidanzato volendo andare al lago di Garda lo stesso, la sostituisca con un’altra? Nient’ affatto. Il lago di Garda per lui era solo l’occasione per stare con la sua ragazza.
3° es. L’ho vissuto personalmente una quindicina d’anni fa. Ero ancora parroco a Reggio. Una sposa mia parrocchiana, dopo anni d’attesa, finalmente rimase incinta. Ma al 3° mese perdette il figlio. L’andai a trovare in Ospedale e nell’entrare nella stanza, la colsi mentre piangeva. C’era lì il medico, il quale per consolarla le diceva: Signora, non pianga, guardi che se lei vuole, con le tecniche che ci sono oggi, un figlio riuscirà ad averlo. Risposta piangente di quella mamma: Ma io era lui che volevo avere e lui non lo riavrò più. Forse che in una famiglia di 5 figli, se uno dovesse morire, i genitori direbbero: Bè, me ne restano 4? No, un vero genitore non parla così.
Ora, la frase del Vangelo di questa domenica (nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto) contiene questo chiaro messaggio: se il pastore contando le pecore s’accorge che ne manca una, dice forse cos’è una su 100? No!! Corre subito alla ricerca della smarrita fino a che la trova. L’ho detto prima: se per l’ente pubblico io sono un file del computer, per il Signore sono invece un essere unico, insostituibile, di cui non esiste alcun doppione. Se in un tram i posti sono interscambiabili, nessuna persone invece è interscambiabile. Insomma, al mondo non esiste una seconda persona uguale a noi. Di nessuno esiste il duplicato. Nessuno ci è identico nei sentimenti, nei pensieri più segreti, nella vocazione.
Qualcuno ha suggerito che al mattino, in bagno, quando siamo davanti allo specchio, dovremmo pronunciare le parole del sal. 138: Ti lodo Signore perché mi hai fatto come un prodigio.
Grazie o Dio perché non hai creato nessuno in serie, ma ciascuno nella sua unicità. Davanti a Te nessuno è inquadrato da una divisa o da una casacca. Tu ci chiami per nome e non per numero. Ci conosci per faccia e non per sigla. E di nessuno di sei fatto un doppione di riserva. Questa nostra unicità, o Dio, ci onora e ci fa essere fieri di avere un Dio come sei Tu.