Omelia nel giorno di Natale
Se a tutti noi fosse bastato il Natale dei negozi, non saremmo qui a Messa, saremmo rimasti là dove sono i regali. Il vero Natale invece lo si celebra come stiamo facendo noi adesso e come sta facendo in questo momento tutto il popolo cristiano, sparso in ogni angolo della terra. Il vero Natale è la celebrazione del più bel gesto di Dio verso l’umanità, il dono del suo figlio Gesù. Gesù dunque è venuto, ma è stato accolto? A questa domanda ho risposto la lettura del Vangelo: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Il Natale è una storia di accoglienza. Ogni nascita è un’accoglienza. Noi tutti siamo vivi grazie all’accoglienza di una madre che ci ha offerto il suo grembo e che ci ha curato quando, neonati, non sapevamo che piangere. Una storia di accoglienza è anche il matrimonio: Io accolgo te, dicono i due sposi. Potrei dire: accogliere = voce del verbo vivere. Lo dicevo questa notte: Noi siamo quel che siamo, in base ad un’infanzia di amore o di rifiuto che abbiamo avuto.
Voglio confidarvi un mio desiderio: il prossimo anno, nel 2020, confido di andare a visitare un luogo che ha nell’accoglienza il suo tratto caratteristico. Si trova non lontano da Assisi, è l’eremo francescano di Campello. Arrivando, c’è una corda da tirare, a cui corrisponde una campana. Quando la suoni, subito non accade nulla. Poi, sullo sfondo, senti il suono di un’altra campana: è una chiamata a raccolta, un invito a chi è dentro a lasciare ciò che sta facendo. Passano ancora pochi istanti e il cancello viene aperto: 4 suore, tutte quelle che abitano in quell’eremo, si presentano a te e ti accolgono. E’ la loro regola: quando arriva un ospite nessuna può mancare e allora tutte e 4 son lì per l’accoglienza. Esse hanno addosso il profumo dell’accoglienza, un profumo che le accompagna costantemente. Queste 4 suorine offrono il dono dell’accoglienza a chiunque. Un loro punto fermo è: nessuna incombenza personale può prevalere sull’ attenzione da offrire all’ospite. Appena suona la campana, esse interrompono quanto stanno facendo e l’attenzione va tutta a chi ha suonato. Appena ti raggiungono, nel piccolo ingresso, ti offrono qualche bevanda per dissetarti, vieni ascoltato e divieni subito la priorità di quel momento. Una volta che sei arrivato, il mondo sei tu. E anche il momento del congedo mantiene lo stesso calore di quello dell’arrivo. Le suore ti accompagnano al cancello e poi ti accarezzano le spalle con un canto di saluto. (..) Queste suorine ogni giorno mettono in pratica quanto diceva S. Teresa d’Avila: Gesù non ha altro volto che il tuo. Ah! dimenticavo: in questo eremo, chiunque arriva si trova innanzi un cartello con su scritto: Entra, ti aspettavamo da tempo. Bene, don Fernando, don Daniele, diaconi e parrocchiani tutti: questo è fare Natale .. non solo il 25 dicembre, ma ogni giorno. Ogni anno il Natale è come se ci venisse a dire: forti dell’accoglienza che vi riserva Gesù, esercitatevi nell’accoglienza .. tra sposi, tra genitori e figli, tra parrocchie della medesima UP, tra adulti e giovani, tra credenti e non credenti, ecc. Quand’è che uno sta bene? Quando si sente accolto. Ho provato a dare una mia definizione di accoglienza: accogliere è creare e offrire uno spazio non prepotente e senza pregiudizi, dove l’altro possa sentirsi a casa e dove l’idea che ha l’altro è preziosa quanto la mia. Per divenire accoglienti bisogna fare 2 cose: metterci alla scuola di Gesù e fare esercizi di accoglienza. E non diamo mai per scontata l’accoglienza in famiglia, che dovrebbe essere la cosa più naturale di sto mondo e invece non è sempre così. Qualche tempo fa, parlando con un papà con figli sposati, mi diceva: Reverendo, lei non ha famiglia e allora non sa una cosa: quando mio figlio viene a casa mia, si sente a casa sua. Quando io vado a sa sua, io non mi sento a casa mia. In tema di sentirsi di casa a casa propria, va detto che c’è chi si sente estraneo in casa propria e lo stesso Gesù fece quest’esperienza se è vero quanto ci ha appena detto il Vangelo (Venne fra i suoi ma i suoi non lo accolsero). Stiamo attenti dunque, è terribilmente facile ritornare barbari allontanando da sé l’accoglienza.
Termino augurandovi un buon Natale con le parole di Madre Teresa di Calcutta, la quale a chi un giorno le chiedeva: Suora, chi è a suo parere la persona più importante? E lei: Sei tu che mi stai parlando.