Omelia di Domenica 2 Febbraio 2020 - Presentazione del Signore, Anno A
Il Vangelo di questa S. Messa ci presenta un anziano (Simeone) che prende in braccio un bimbo piccolo (Gesù). M’è venuto da collegare questa scena evangelica a una foto di 2 anni fa che fa fece il giro del web, una foto che non riesco a dimenticare e che tutt’ora è dentro di me. Raffigura un bimbo piccolo non però in braccia ai genitori o ai nonni, ma che giaceva morto sulle spalle del fratellino, un ragazzino giapponese di 10 anni. La foto lo inquadrava col volto impietrito, fisso in avanti, immobile, come se non volesse disturbare il fratellino, che comunque giaceva morto sulle sue spalle. La foto è da collegare a una storia risalente al 1945 e documenta gli effetti nefasti della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Il Papa commentò così questa foto: uno scatto che vale più di mille parole. Ma cos’era successo?
Rispondo con le parole di chi scattò quella foto. Vidi questo ragazzino che camminava, avrà avuto 10 anni. Trasportava un bimbo sulle spalle: in quel periodo era una scena abbastanza comune in Giappone. Spesso incrociavamo bambini che giocavano con i loro fratellini e sorelline portandoli sulle spalle. Ma quel bambino aveva qualcosa di diverso. Lui, infatti, non stava giocando, era lì per una ragione precisa: scalzo, i vestiti rovinati, nessuna emozione che lasciava trapelare, era lì da circa 10 minuti per la cremazione del piccolo fratellino, cadavere, che aveva sulle spalle. Arrivarono gli uomini con le mascherine bianche: con estrema delicatezza sciolsero le fasce che legavano il bimbo alla schiena del fratello. Lo presero per le mani e i piedi e lo posarono fra le fiamme. Il fratellino osservò la scena, non battendo ciglio. O meglio, un unico movimento si colse sul suo volto: pur non versando lacrime, si morse le labbra fino a farle sanguinare. Dopo che le fiamme consumarono il corpicino, il bambino si voltò e se ne andò in silenzio, così com’era arrivato. Fin qui il racconto del reporter.
Ma veniamo al nostro 2 febbraio: io ho colto un collegamento tra il piccolo Gesù fra le braccia di Simeone e quest’altro piccolo, che prima era sulle spalle del fratellino e poi dato alla cremazione. Ogni volta che accostiamo il piccolo Gesù a scene strazianti di altri piccoli, non facciamo un accostamento fuori luogo. Mi piacerebbe anzi che la scena di Gesù bambino in braccio al vecchio Simeone divenisse per noi l’occasione per un pensiero e una preghiera per tutti quei bimbi che vivono in contesti difficili o di abbandono o di guerra. Questi numerosissimi bimbi, sparsi un po’ ovunque sul pianeta terra, hanno tutti bisogno di venire ricostruiti umanamente e spiritualmente. Sono bambini che hanno urgente bisogno di ritornare in possesso della loro età. I missionari che vivono di persona queste tragiche realtà riferiscono di bimbi per le strade a elemosinare, bimbi mutilati, bimbi seduti per terra a vendere i biscotti, bimbi di 6/7 anni, che lustrano le scarpe agli uomini d’affari. Mi chiedo: se fossimo noi quei bambini, non vorremmo essere tratti in salvo da simili situazioni? Ho pensato di dirvi queste cose questa mattina, perché oggi, 2/2 è la giornata della vita. In questa ricorrenza non siamo chiamati a riflettere solo sulla vita non nata o nascente, ma anche sulla vita dei tanti bimbi che non hanno le fortune dei nostri bimbi. Concludo allora immaginando il piccolo Gesù che dalle braccia di Simeone ci rivolge questo invito:
don Fernando e cristiani dell’unità pastorale di Calerno e S. Ilario, per quel che è nelle vostre possibilità,
prendetevi a cuore la sorte dei tanti piccoli messi male, che sono in ogni continente
e nei quali io sono presente in forma specialissima.