Omelia di Domenica 08 Marzo 2020 - II Domenica di Quaresima, Anno A
Sono molto contento, pur trovandoci in un periodo di ‘stop’ alle celebrazioni, di riuscire ugualmente a dirvi qualcosa sul Vangelo di questa 2^ domenica di Quaresima. Il Vangelo è Gesù che ci parla. Il brano di questa domenica ci ha riferito che Gesù un giorno chiese a 3 dei suoi amici - Pietro, Giacomo e Giovanni - di accompagnarlo su un monte. E lassù cosa fece? Si trasfigurò, cioè divenne luminoso, angelico. Gesù in quel modo volle mostrarsi nella sua divinità e così fece gustare ai suoi amici un assaggio di Paradiso. Ora, tra i diversi spunti di riflessione che il brano offre, ne colgo uno, è contenuto in queste parole: Pietro disse: Signore facciamo qui 3 capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia. Ho detto tra me e me: perché non facciamo nostra l’idea di Pietro? Perché non costruiamo pure noi 3 capanne: una per Elia, una per Gesù e una per Mosè, in senso metaforico s’ intende.
> Parto da Elia - Se Elia fu un profeta e un messaggero di Dio, costruire un tenda per lui significa cercare di essere come lui, persone investite di una missione importante. Sono convinto che chi nella vita non ha una missione da svolgere sia il più povero di tutti. Vivere bene è sentirsi investiti di un compito. Vivere non è un mestiere, vivere è una vocazione. Fare una capanna per Elia è dunque un modo per dire che nella vita di tutti c’è un filo conduttore, una trama, una vocazione che è assolutamente necessario riconoscere se si vuole vivere motivati e contenti. Qualcuno ha detto: i due giorni più importanti della vita sono il giorno in cui si nasce e il giorno in cui si scopre il perché.
> Passo a Gesù - Fare una capanna per Gesù significa imparare ad amare come ama Lui, a giudicare come giudica Lui, ad accostarsi alle persone come le accosta Lui, in una parola, a essere come è Lui. Non posso dimenticare la frase di un mio prof. di teologia: se il perché della tua vita si chiama Gesù, puoi sopportare ogni cosa.
> Passo a Mosé - Mosè, lo sappiamo, fu una delle guide più straordinarie del popolo ebreo. Bè, essere in tenda con lui significa imparare da lui ad essere pure noi piccole guide. E voglio dire: quando generiamo qualcuno alla fede, quando riusciamo ad influire su qualcuno nel bene, quando siamo luce per qualcuno, bè, tutto questo è un modo di essere guide di altri, non alla maniera di Mosè, d’accordo, ma alla maniera nostra, che è quella che Dio ha pensato per noi.
> Ma c’è dell’altro nel Vangelo di questa domenica: contiene alcune parole di Gesù che ci sono di aiuto in questo tempo di coronavirus: non abbiate paura! Queste parole mi suggeriscono 2 pensieri.
- Il 1° riguarda la nostra fragilità. L’epidemia in corso è un richiamo a riconoscere la nostra realtà fragile e a considerare il senso dei nostri limiti, che esistono sempre, anche quando ci illudiamo di non averne. Siamo tutti appesi a un filo: basta un invisibile virus perché la nostra esistenza d’improvviso s’interrompa, come basta una piccola svista mentre siamo per strada, perché la nostra esistenza s’arresti. Basta poco perché inizi un grande male. Non si scappa: è la FRAGILITA’ uno dei nomi più veri di ogni uomo e donna; è la FRAGILITA’ la nostra grande compagna di viaggio.
- Tutto questo c’introduce in un 2° pensiero, la preghiera. In questo tempo di coronavirus, siamo chiamati a fare una preghiera di intercessione, cioè gli uni per gli altri. Se è vero che sono tante le persone contagiate o paurose di venire contagiate, questa cosa deve entrare nella nostra preghiera. La preghiera sostiene, incoraggia, equipaggia, mantiene nella speranza. Nel pregare gli uni per gli altri il virus non entra. Una preghiera fatta bene non lascia mai le cose così come sono. A tenere Dio lontano, il cuore s’ammala.
Gesù, l’umanità sta passando un momento di prova non piccolo.
Ci consegniamo a Te esattamente come fecero Pietro, Giacomo Giovanni quel giorno, sul monte.