Omelia di Domenica 5 Luglio 2020 - XIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Imparate da me che sono mite e umile di cuore: è questo l’invito che Gesù ci rivolge in questa 1^ domenica di luglio. Essere miti ed essere umili: ecco come era Gesù e di conseguenza ecco come dovremmo essere noi. Credetemi, è utile riflettere su queste cose, visti i tempi in cui viviamo, così propensi all’affermazione di sé, alla voce grossa e al poco rispetto. Com’è importante a volte far tacere il proprio io! Com’è importante avere uno sguardo e un fare non prepotente e nemmeno pretenzioso! Riusciamo a guardare senza catturare? Riusciamo a guardare senza avere l’intenzione di prendere? La prepotenza in alcuni è fin una dominante. Chi di voi è sposato ricorderà gli inizi del proprio rapporto d’amore, quando si era più rispettosi e attenti vicendevolmente; poi col passare del tempo ci si è fatti più sciolti e meno timorosi, ma anche più prepotentelli l’uno verso l’altro.
Se mettiamo a confronto persone aggressive e persone miti, vien da dire: amo le persone miti perché sono quelle che rendono più abitabile e bello il mondo. Le persone miti non sono urtanti, non ti mettono a disagio, non sono ingombranti, al contrario lasciano che tu possa essere quello che sei. La mitezza è come l’acqua, la quale quando trova un ostacolo s’arresta, non fa la guerra. La mitezza tace piuttosto che mettere in cattiva luce qualcuno. Fateci caso, quand’è che noi abbiamo un po’ paura o siamo a disagio? Quando siamo con personalità più forti di noi o con chi avvertiamo essere più abili di noi. Bè, con le persone miti non è per nulla così.
Per comprendere bene il valore della mitezza è utile rifarsi al suo contrario, che è l’ira, l’arroganza, la prepotenza, l’aggressività. L’ira è ovunque. Si arrabbiano tra loro gli sposi, i fidanzati, gli amici. Gli impiegati si adirano con i loro diretti superiori, gli adolescenti si arrabbiano coi genitori, i cittadini col governo. Se passiamo da un aeroporto in un momento in cui vengono cancellati i voli, si rimane colpiti dall’ira dei passeggeri. C’è anche chi si arrabbia con Dio. Che i problemi di collera siano diffusi non è bello perché mentre l’amore avvicina, l’ira contrappone. E tanto più forte è la collera, tanto meno si ragiona. E’ stato detto: Nessun altro male trasforma l’uomo in demonio, come la collera. Mi viene quasi da dire: noi siamo ciò che ci fa arrabbiare. E sì, perché se ci accendiamo è perché in ballo c’è qualcosa che ci preme. Ripeto, è provvidenziale che il Vangelo di questa domenica ci inviti a fare questa riflessione: è l’occasione per mettere mano alla pasta umana di cui siamo fatti. Badate che è facile perdere in umanità. A volte basta un contrattempo per trasformarsi da persone a bestie. Prendete un campo sportivo: che capacità ha di rendere orsi e sanguigni i giocatori! Ognuno ha le sue debolezze: c’è chi è fatto di paure, c’è chi con poco si stanca, c’è chi è debole nel campo della purezza, chi nell’autostima. E infine c’è chi ha la propria debolezza nell’inalberarsi con poco, nell’ accendersi per un nonnulla, nello sbottare e spazientirsi per piccinerie.
Ecco perché ho pensato di lasciare come proposito della settimana, le parole che il profeta Isaia disse riferendosi al Messia: Non griderà, né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce. Concludo allora con un appello francescano: fra 2 parole scegli sempre la minore, dove per minore s’intende la meno accesa, la meno sguaiata, la più tenue, la più pacata.