Omelia di Domenica 12 Luglio 2020 - XV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
In questa 2^ domenica di luglio il Vangelo ci fa andare indietro nel tempo, quando i contadini seminavano a mano. Ci ha riferito di un agricoltore, che con una sacca al collo percorre i suoi campi in lungo e in largo e con un gesto ampio della mano lancia la semente. Gesù, nell’ osservare queste abituali scene agricole, gli venne in mente un giorno di paragonare la vita a una semina. Come a dire: vivere è seminare. O meglio, vivere è anche raccogliere ma è più facile seminare che raccogliere. Ad esempio c’è chi raccoglie i frutti di una semina fatta da altri, come sta accadendo a me. Tante cose belle che io vedo nella nostra unità pastorale di Calerno a S. Ilario non sono una mia conquista, ma qualcosa che io sto raccogliendo grazie alla semina di chi mi ha preceduto. E di questo non finisco di rendere grazie. Importante poi è non scordare che tra il seminare e il raccogliere c’è l’innaffiare e l’aspettare, due cose non scontate. Io questa mattina intendo soffermarmi sul verbo seminare. Seminare è sinonimo di impegnarsi, applicarsi, testimoniare. Amava dire il cardinale Martini: l’impegno vale di per se stesso indipendentemente dal risultato.
> Colpisce nella parabola l’atteggiamento eccessivo del contadino, che lancia manciate generose di seme un po’ dappertutto, anche sulla strada e sui rovi, cioè là dove il seme non avrebbe attecchito. Eppure è proprio in questo paradosso che sta uno degli insegnamenti della parabola. Mi spiego: questo agricoltore è descritto così non perché non sta facendo bene il suo lavoro, ma perché, coloro che lo osservano, notino che di proposito lancia il seme anche fra i sassi e i rovi. Come a dire: anche le situazioni in apparenza ‘perse’ devono ricevere il seme buono del Vangelo. Noi a un seminatore del genere diremmo: Ma che fai? Non vedi che consumi la semente? Sta attento e semina con cognizione! A quest’obiezione Dio ci direbbe: No! Va bene invece fare così, perché per me non ci sono terreni da lasciar perdere. Io confido anche nei sassi e nei rovi, io vedo vita dove voi vedete solo morte, vedo primavera dove voi vedete solo inverno. E’ meraviglioso questo atteggiamento di Dio: innanzi ai nostri insuccessi, Egli si mostra testardamente fiducioso in noi. E il perché l’ho detto: per Lui, nessuno è irrecuperabile, per lui esistono solo persone su cui non smettere di contare. Ora, se Dio è fatto così, noi cristiani dobbiamo seguire la stessa linea. E se Dio non è selettivo anche la pastorale di una parrocchia non può e non deve essere selettiva. Quindi, sei separato? Non sei sposato in chiesa? E’ da 30 anni che non metti piede in chiesa? Hai dei figli le cui scelte ti fanno fin vergognare, ti trovi segnato indelebilmente da scelte che non avresti mai dovuto fare? Ebbene, Gesù continua - e come! - ad avere un riguardo per te. Anche nelle situazioni che la parabola chiama sassi e rovi Dio semina e ciò vuol dire che non è escluso che fiori bellissimi possano germogliare anche in certi terreni. Il fatto che la parabola sottolinei che 3 terreni su 4 siano asfalto, rovi e sassi e che su tutti e 3 arriva il seme significa che nessuno è fuori dalla sguardo amoroso di Dio. E ripeto, a noi cristiani è chiesto di essere i diffusori di questo sguardo amoroso di Dio verso tutti. Se si vuole, anche nelle situazioni più raccapriccianti è possibile incrociare lo sguardo di Dio e iniziare un percorso di riavvicinamento a Lui.
> Ancora. Il verbo seminare fa riferimento anche a un altro verbo, educare. Educare è seminare. Per fare un albero ci vuole un seme diceva la vecchia canzone. Ora, se educare è seminare, ci sono alcune semine urgenti, che così descrivo: semina coraggio, perché la vita spesso è in salita. Semina speranza, perché è il guardare sempre avanti il segreto della vita. Semina Dio, perché è lui la base di tutto ciò che è buono, giusto e vero. Al contrario se semini ansia, crei degli ansiosi; se semini pessimismo crei dei pessimisti; se semini odio sociale crei scontro sociale. Concludo: il credente è chi, con la parola e l’esempio, sparge semente buona e costruttiva, non escludendo nessun terreno. Ci è di aiuto di nuovo una frase del cardinale Martini: Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è nemmeno immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà alcun raccolto.