Omelia di Domenica 23 Agosto 2020 - XXI Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Il Vangelo di questa domenica ci dà l’occasione per interrogarci sul perché facciamo le cose e soprattutto sul perché delle nostre scelte cristiane. Ci sono persone, compresi noi forse, che è da una vita che fanno le solite cose, senza più chiedersi il perché o senza rendersi conto che vanno rinnovate le motivazioni. Il testo del Vangelo ci ha appena riferito che Gesù un giorno si appartò coi suoi apostoli e chiese loro alcune cose (le dico con mie parole): vi sta bene continuare a stare al mio seguito? Siete ancora motivati come all’inizio o qualcosa s’è rotto nel frattempo? Io per voi chi sono, chi rappresento?
Proviamo anche noi a porci le stesse domande per poter verificare lo stato di salute della nostra adesione a Gesù. Lo facciamo partendo dalla domanda antica e sempre nuova: chi è Gesù?
> Parto dai suoi primi 30 anni a Nazareth. Nella vita di ciascuno ci sono gli anni della crescita e della maturazione, dell’educazione familiare, dell’iniziazione al lavoro e agli affetti. Come tutti, anche Gesù passò per queste cose e come tutti pure lui imparò molto durante questo periodo. Il Gesù dell’età di 10/15/20 anni era un Gesù che come tutti osservava, ascoltava, cresceva e imparava tante cose sulla vita. Da Maria e Giuseppe imparò il valore della semplicità; dal villaggio insignificante dove viveva, Nazareth, imparò che non era poi una disgrazia così grossa vivere in territori periferici e non centrali. Da Giuseppe, l’uomo più silenzioso del Vangelo, imparò l’ascolto e il silenzio. E sempre con Giuseppe, in bottega, imparò la concretezza, la fatica, la manualità, la creatività, la sopportazione di clienti impazienti o incontentabili.
> Ancora. Gesù era più uomo di strada che di palazzo. I palazzi odorano di lusso e potere, mentre la strada gli permetteva di incontrare tutti, pure i peccatori, dei quali arrivò a dire: non sono venuto per i giusti ma per i peccatori, come anche non sono venuto per i sani ma per i malati. Faccio presente che il Vangelo di Marco è per il 46% un racconto di guarigione di malati (lebbrosi, ciechi, storpi, epilettici, indemoniati…). Dato che nella mia vita, la lettura del Vangelo è cosa quotidiana, io noto che Gesù s’è occupato molto più del dolore e dell’infelicità delle persone che dei loro peccati. E riguardo ai peccatori era suo convincimento che a convertirli fosse proprio il suo farsi loro amico. A differenza degli uomini religiosi del tempo che alla gentaglia non riservava il benché minimo calore, lui rifiutava una religione elitaria e fatta solo di ordine e regole, ma niente cuore. Gesù, le persone, le amava, non le classificava.
> Continuo. Gesù quando si presentò al mondo fece sì che nessuno
avesse l’esclusiva di lui. Gesù era ed è di tutti, di chi crede e di chi non crede, dei giusti e dei peccatori. A me è accaduto di consigliare a dei non credenti e a persone di altre religioni di leggere il Vangelo. Un non credente può rimanere non credente e ugualmente trovare illuminanti certe parole di Gesù. Un induista può rimanere induista e ugualmente sentirsi profondamente toccato da certe pagine del Vangelo. Nessuno cristiano può menar vanto di possedere Gesù, Lui si muove liberamente e non ha le mani legate. Gesù è di tutti e per tutti, non si lascia sequestrare. Perché Gesù è venuto nel mondo? Perché è Lui il bene che tutti cercano, anche se non tutti se ne rendono conto. Gandhi che cristiano non era, apprezzava tanto Gesù. Quindi, uno non deve dire: cosa può dire a me uno come Cristo, visto che non sono cristiano? La domanda è sbagliata: Cristo non ti aiuta perché sei cristiano o non lo sei, ti aiuta e basta. Cristo per poterti incontrare non ti chiede il tesserino della tua religione, Egli così come sei e con i valori che hai, si offre a dare senso alla tua vita. Ricordate il Vangelo di domenica scorsa: guarì la figlia di una donna che era pagana e addirittura arrivò a complimentarsi con lei. Un ateo che medita il Vangelo non solo non è una contraddizione, io dico che è uno che ha capito tutto. Certi paesini della nostra Italia hanno ancora nella piazzetta centrale una fontana la cui acqua serve per molti usi. C’è chi la usa per dissetarsi, chi per lavarsi la faccia, chi per metterla in bottiglia o in un secchio e portarla a casa, i ragazzi la usano per giocare e bagnarsi a vicenda. Così è Gesù: c’è chi va da Lui per fede, chi per attingere sapienza, chi come ultima spiaggia. E Lui a ognuno offre cose buone.
Gesù, il bene nostro e di tutti ha un nome, il tuo.
Che tutti possano conoscerti.
Che tutti possano apprezzarti.
Che tutti arrivino a credere in te
e a fare di te il fondamento della propria vita.