Omelia di Domenica 13 settembre 2020 - XXIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a 7 volte? E’ con questa domanda dell’apostolo Pietro che si apre il Vangelo di questa Messa. Notate, non si dice se il tuo nemico commette colpe contro di me, ma se un tuo fratello commette colpe contro di te. Dicendo ‘fratello’ e non ‘nemico’, il tema del brano è il perdono dell’amico e non del nemico. Il Vangelo di questa domenica ci chiede di metterci innanzi alle nostre amicizie o ai nostri familiari o alla nostra comunità e lì verificare lo stato di salute del perdono reciproco.
Lo sappiamo tutti che non sempre tra amici e familiari le cose vanno bene. Viene in mente il salmo 41: anche l'amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il pane con me, alza contro di me il suo calcagno. Ebbene, è al perdono in questo ambito che il Vangelo di questa domenica fa riferimento. Del perdono dei nemici il Vangelo parla altrove. Entriamo allora nella domanda: quante volte dovrò perdonargli? Fino a 7 volte? La legislazione di quei tempi permetteva di perdonare fino a un massimo di 3 volte al giorno. E allora Pietro, dicendo 7 volte andava ben oltre questo limite, pensando così di fare bella figura. Pietro la pensava così: se il perdono non può essere illimitato, fin dove si può arrivare? Risposta di Gesù: Non fino a 7, ma fino a 70 volte 7, e cioè 490 volte. Una risposta strana in apparenza, in realtà Gesù si rifaceva a un libro della Bibbia, la Genesi, in cui si diceva: Se Caino sarà vendicato 7 volte, Lamek lo sarà 70 volte 7. Noi comunque Lamek adesso lo lasciamo da parte. Dietro questo gioco di numeri (7 - 70) ci sta una verità importante: in ogni comunità che si dice cristiana non può mancare il perdono. I numeri 70 e 7 non indicavano la quantità di perdoni da dare, ma che il perdono doveva e deve essere incondizionato. Il ragionamento di Gesù è questo: se il perdono è uno dei volti dell’amore e amare lo si deve sempre, anche perdonare lo si deve sempre. Per Gesù, la nostra capacità di amare è direttamente proporzionale alla nostra capacità di perdonare. E qui gli esempi sono innumerevoli: un matrimonio senza perdono non sopravvive (tante volte dico: chi non sa perdonare non si sposi), ma anche quel gruppo di amici dove non è di casa il perdono ha vita breve. Così un convento di frati, un monastero di monache e qualsiasi altra aggregazione. Si perdona perché si ama. Il perdono rallegra sempre 2 persone: chi lo dà e chi lo riceve. Mi vien addirittura da dire: Se non hai ancora perdonato, non dire che hai vissuto pienamente. Io ho conosciuto una persona che ha molto/molto sbagliato nella vita. E’ arrivata a dire: Chi non ha mai ricevuto un perdono davvero grande come invece a me è accaduto, non ha assaporato una delle gioie più sublimi della vita. Circa 15 anni fa uscì in America il film “Invictus” (L’invincibile), dove l’attore Morgan Freeman interpreta il famoso Nelson Mandela. Bè, a un certo punto, nel film, viene chiesto a Mandela: Come hai fatto a passare 30 anni in una minuscola cella e a perdonare quelli che ti hanno fatto un sacco di male? E lui: Se arrivo a uscire dal carcere, senza però lasciare l’amarezza e l’odio dietro di me, è come se rimanessi ancora in prigione.
Non posso poi tacere una cosa: l’ultimo atto di Gesù prima di morire fu un perdono (duplice), il perdono di uno dei 2 malfattori appesi in croce insieme a lui e il perdono dei suoi uccisori. Gesù morì perdonando. Insomma, Gesù ha sempre più amato perdonare che castigare.
Gesù, abbiamo colto il tuo pensiero: il perdono è l'essenza dell'amore. Amare è perdonare e perdonare è amare. Gesù, tu che ci conosci e sai la nostra fatica in materia di perdono, soccorrici e in questa Messa deponi in noi almeno le briciole della tua smisurata capacità di perdonare.