Omelia di Domenica 20 settembre 2020 - XXV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Un consiglio: non facciamo leggere il Vangelo di questa domenica a qualche sindacalista perché potrebbe arrabbiarsi. E giustamente, perché da quando in qua chi lavora 1 ora prende una paga uguale a chi lavora 8 ore? Cerchiamo allora di vedere perché Gesù raccontò una parabola così. La narrazione inizia con l’ingaggio di operai da parte di un padrone. E già questo è molto strano, perché i proprietari, allora, non entravano direttamente a contatto con i lavoratori, spesso sporchi, vestiti con abiti indecenti e comunque rozzi. Mandavano un loro amministratore. Ora, se si dice invece che quella volta andò direttamente il padrone, che nella simbologia della parabola è Dio, è per mostrare la sollecitudine del Signore, padrone buono, che vuole vedere in faccia i lavoratori della sua vigna per stipulare con essi accordi buoni.
- 2^ scena. A sorpresa, verso le nove del mattino, il padrone esce una 2^ volta in cerca di altri operai. Ma attenti, non lo fa per la necessità di avere altri lavoratori, i primi chiamati bastavano. Lui decide di assoldarli ugualmente perché erano senza lavoro. È dunque al loro bisogno che il padrone pensa, perché a essere senza lavoro, a quei tempi, non solo si perdeva dignità ma non si mangiava.
- 3^ scena. A metà giornata, l’uomo torna di nuovo in piazza e assolda altri operai, e lo stesso fa alle tre del pomeriggio. Ormai di operai nella vigna ne aveva fin troppi, ma anche sta volta, ciò a cui teneva il padrone non erano i suoi interessi, ma il fatto che ci fossero persone senza lavoro.
- Ultima scena. Sono le 5 del pomeriggio: con lo stupore di tutti, il padrone si reca ancora in cerca di altri operai. Pensate, mancava soltanto 1 ora al termine della giornata lavorativa, e lui anche per 1 ora sola assolda quegli ultimi disoccupati, che nessuna mai avrebbe presi.
- Ultimissima scena. E’ sera, è il momento di pagare gli operai: il fatto che vengano pagati subito coloro che avevano lavorato meno, era per consentire agli operai della 1^ ora di osservare quale salario il padrone avrebbe loro corrisposto. L amministratore, secondo l’ordine ricevuto, comincia col dare 1 denaro agli operai delle 5 del pomeriggio. Bene, pensano gli operai del mattino, a noi darà una paga più alta. E invece no, dice il testo evangelico: anch’essi ricevettero ciascuno un denaro, né più né meno degli altri. Da qui la loro rabbia.
- Chiediamoci: perché mai Gesù raccontò una simile storia? Risposta: perché essa non era un insegnamento su come retribuire dei lavoratori ma per mostrare com’è fatto il cuore di Dio. Quel padrone non aveva come 1° criterio il profitto, ma la persona. Avrà pensato ad es. che l’operaio delle 5 del pomeriggio fosse un disoccupato o con figli alla fame o con una famiglia sulle spalle numerosa, quasi impossibile da mantenere. E allora, vuol dirci Gesù, in questi casi è la carità e non la mera giustizia il criterio che deve muoverci. Gesù non è ingiusto verso i primi, è generoso verso gli ultimi. Visto che anche noi che siamo qui a Messa siamo somiglianti ai lavoratori instancabili della 1^ ora, per caso anche a noi non piace che Dio ricompensi in eguale modo noi e coloro che non hanno il nostro lungo curriculum di impegno cristiano? Mi auguro che nessuno di noi dica: Se alla fine la ricompensa è uguale per tutti, quale vantaggio c’è a essere al servizio di Dio fin dalla fanciullezza? Lasciamo perdere questo modo di pensare; la parabola ci rivela il segreto di Dio: la sua bontà. Per leggere nel modo giusto questa parabola occorre partire da una delle frasi finali: io sono buono. La bontà va sempre oltre la giustizia. Il Vangelo dunque di questa domenica non va letto in chiave sindacale, perché il suo intento è un altro: è l’annuncio che Dio verso le persone ha uno stile largo di cuore, lo stile di un Padre buono.
Signore, aiutaci ad avere un cuore sempre più somigliante al tuo.