Omelia di Domenica 1 novembre 2020 - XXXI Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Sono contento: una delle più belle pagine del Vangelo è davanti a noi, è la pagina delle 9 beatitudini che Gesù pronunciò all’inizio della sua vita pubblica. Cos’è una beatitudine? E’ un complimento, un elogio, un attestato di compiacimento. E’ come dire: è così che ti voglio! Tutti i santi che oggi ricordiamo è gente che ha vissuto così, nel gradimento di Dio. Mi sono chiesto: delle 9 beatitudini che Gesù pronunciò quel giorno sul monte della Galilea, qual è quella di cui il nostro tempo ha più bisogno? La mia risposta è: la mitezza (beati i miti). Credetemi, è utile riflettere su questa beatitudine, visti i tempi in cui viviamo, così propensi all’ostentazione di sé, alla voce grossa e al poco rispetto.
E’ importante a volte far tacere il proprio io! E’ importante avere uno sguardo né prepotente né pretendente! Riusciamo a guardare senza catturare? Riusciamo ad amare senza possedere? Le persone miti sono splendide, perché non sono urtanti, non ti mettono a disagio, non sono ingombranti, al contrario ti rispettano e lasciano che tu possa essere quello che sei. La mitezza è come l’acqua, la quale quando trova un ostacolo s’arresta, non fa la guerra. La mitezza tace piuttosto che mettere in cattiva luce qualcuno. E se è vero che continue discussioni rovinano tanti rapporti, beh, chi è mite non cade in questo pericolo. Il contrario della mitezza è l’ira, l’arroganza, la prepotenza, l’aggressività. L’ira è ovunque. Si arrabbiano tra loro gli sposi, i fidanzati, gli amici. Gli impiegati si adirano con i loro diretti superiori, gli adolescenti si arrabbiano coi genitori, i cittadini col governo. Se passiamo da un aeroporto in un momento in cui vengono cancellati i voli, rimarremmo colpiti dall’ira dei passeggeri. C’è anche chi si arrabbia con Dio. Mentre l’amore avvicina, l’ira contrappone. E tanto più forte è la collera, tanto meno si ragiona. E’ stato detto: Nessun altro male trasforma l’uomo in demonio, come la collera. Mi viene da dire: noi siamo ciò che ci fa arrabbiare. E sì, perché se ci arrabbiamo è perché in ballo c’è qualcosa che ci preme. Ripeto, è provvidenziale che riflettiamo sulle parole di Gesù beati i miti, perché? Perché è facile perdere in umanità. A volte basta un contrattempo per trasformarsi da persone a bestie. Prendete un campo sportivo: che capacità ha di rendere orsi e sanguigni i giocatori! Ognuno ha i suoi punti deboli. C’è chi ha nell’attaccamento ai soldi e ai beni materiali la principale sua tentazione. C’è chi ha nell’istinto sessuale la sua principale debolezza. C’è chi troppo facilmente si lascia condizionare. C’è chi, il proprio limite, l’ha in un forte narcisismo (un ego grosso come la casa) o al contrario in una scarsa autostima. E infine - e così vengo al nostro argomento - c’è chi ha nell’essere irascibile, collerico il suo principale limite. Mi sto riferendo a chi con poco si inalbera, chi per un nonnulla s’accende e chi per piccinerie sbotta. E’ soprattutto a questi che è rivolta la beatitudine della mitezza. Faccio un invito: torniamo alle nostre case con in cuore le parole con cui il profeta Isaia descrisse il Messia: Non griderà, né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce. E infatti Gesù arriverà a dire imparate da me che sono mite e umile di cuore. Oggi è la festa di tutti i santi, tanti di loro sono stati un mirabile esempio di mitezza. Che questa Messa metta in noi almeno il desiderio di essere così.
Concludo con un appello francescano: fra 2 parole scegli sempre la minore, dove per minore s’intende la parola meno accesa, la meno sguaiata, la più tenue, la più pacata.