Omelia di Domenica 8 novembre 2020 - XXXII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Il Vangelo ci ha raccontato una storia, la storia di 10 ragazze, le quali, con in mano delle torce accese, sfidano la notte per andare verso la casa di un giovane che doveva sposarsi. E queste ‘10 piccole luci’ in circolazione quella notte erano un segnale di coraggio, perché - d’accordo, era questa l’usanza matrimoniale di quei tempi - ma che di notte, giovani donne in cammino, sfidino il buio degli imprevisti, non era e non è cosa ovvia. Mi piace vedere in queste 10 ragazze, ciascuna con una torcia in mano, ciascuno di noi che si chiede: io sono una presenza luminosa? Io sto portando luce a qualcuno? Il mio modo di vivere è un vivere acceso o spento? Possono applicarsi a ciascuno di noi le parole della Bibbia “guardate a Lui e sarete raggianti”?
In breve, il Vangelo ci chiede di essere presenze luminose, esperti di luce e non di notte, scrutatori di aurore e non di tramonti, portatori anche solo di una piccola luce, perché in situazioni buie basta una fiammella per far sì che il buio non sia poi così buio. D’altronde, Gesù non ha chiesto di combattere le tenebre ma di splendere nelle tenebre. La luce non combatte, splende. La luce si afferma da sé, come la rosa che senza violenza, col suo profumo, sparge il suo aroma. Qualcuno mi ha detto che don Pietro Margini, a chi gli esponeva le proprie difficoltà nel vivere la fede, diceva: Tu risplendi, il resto lo farà il buon Dio. Provo allora a dare concretezza all’espressione essere persone luminose.
- Siamo persone luminose ogni volta che sul nostro volto la solarità la spunta sulla malinconia.
- Siamo persone luminose ogni volta che l’incoraggiamento prevale sul lamento.
- Siamo persone luminose ogni volta che una parola buona sostituisce una parola graffiante.
- Siamo persone luminose quando non facciamo sempre cadere l’accento su ciò che non va o sui difetti di questo o quello. Non è forse vero che per tanti è un gran fatica parlar bene delle persone!?
> E ora passo a una riga del Vangelo che mi piace da morire: A mezzanotte si levò un grido: ecco lo sposo, andategli incontro! Mi chiedo: accade anche a noi di gridare Ecco lo sposo? Voglio dire: quando ci accorgiamo dell’arrivo di Gesù nella nostra vita, diciamo/gridiamo: Ma qui con me c’è il Signore! Cose del genere di solito accadono durante un corso di esercizi spirituali o durante un pellegrinaggio a un Santuario o durante una particolare esperienza. E’ sempre un momento di grazia arrivare a dire: Ma qui c’è Lui! Quando io e voi viviamo una sorta di rapimento interiore e gridiamo: Ma qui c’è Gesù! rallegriamoci, perché è il segno che in noi c’è una fede viva, che vibra. Troviamo il modo durante questa Messa di dire: Signore, aiutaci in due cose: a riconoscere i tuoi passi e a salutarli con un’esclamazione di gioia. Impediscici di non accorgerci di Te. Due sono, allora, le consegna che ci fa questa domenica: essere persone luminose e poter arrivare a gridare ‘Ecco lo sposo!’ Esclamare ecco lo sposo è l’augurio che faccio a me e a tutti voi, presenti a questa Messa.