Omelia di Govedì 31 dicembre 2020 - San Silvestro
Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. Desidero fare mio questo atteggiamento meditativo di Maria, che ci ha descritto il Vangelo, attraverso una riflessione su questo 2020, anno che nessuno poteva prevedere.
1) Qualcuno s’è chiesto: se Dio può tutto, perché non mette mano a questa pandemia? Si tratta di una domanda a cui proprio il Natale di Gesù ha risposto e che così esprimo: Gesù non ci salva dalla pandemia ma attraverso la pandemia.
Cerco di spiegarmi bene: Gesù è entrato nel mondo non per toglierci guai, problemi e sofferenze, ma per condividerli con noi. E vivere un’esperienza difficile insieme a Gesù, fa la differenza. Con Gesù o senza Gesù non è la stessa cosa. Gesù non è venuto a toglierci il pianto ma a piangere con noi, non è venuto per lasciarci gioire da soli ma per gioire con noi, non è venuto per lasciarci sognare da soli ma per sognare insieme a noi, ecc. Quindi, per far un esempio, le lacrime nostre divengono pure le lacrime di Gesù. E’ questa l’incarnazione, è questo il Natale: è Gesù che viene nel mondo non per donarci una vita più fortunata ma più solida e più salda, sì. Un autore a me molto caro, D. Bonhoeffer, ha detto: Il Signore non salva dalla prova ma attraverso la prova; non protegge dal dolore ma attraverso il dolore; non custodisce dalla sofferenza ma attraverso la sofferenza. Così come non ha salvato il Figlio Gesù dalla croce ma attraverso la croce. E io aggiungo: la resurrezione di Gesù non è avvenuta schivando la morte ma a seguito della morte, come il giorno che nasce dalla notte.
2) 2^ considerazione - Mi sento di dire che Dio, attraverso la pandemia, ci stia dicendo: figli miei, la religione non sta scomparendo ma si sta spostando. Sta uscendo dai templi, dai recinti sacri per passare al suo vero ambito, la vita concreta della gente. Racconta il Vangelo che un giorno Gesù e una donna di Samaria s’incontrarono e un tema del loro colloquio fu il luogo giusto per pregare, perché i giudei dicevano: è il tempio di Gerusalemme, i samaritani invece: è il tempio del monte Garizim. Ma Gesù rispose: credimi, donna, pregare non è una questione di luogo, se su questo monte o se in Gerusalemme. I veri credenti adorano Dio Padre nel proprio spirito, e Dio Padre cerca tali adoratori. Morale: il centro della religione non è il sacro ma la vita, specie la vita sofferta, fragile, dimenticata. Se c’è una cosa chiara nel Vangelo è che per Gesù, la salute e la vita delle persone hanno più importanza e più interesse dell’osservanza delle norme religiose. C’è un’altra pagina evangelica dove sono di scena sempre Gesù e una donna, pagana. Qui troviamo un Gesù più preso dal far star bene questa donna che dalla fede pagana di lei. In questo brano Gesù considera la salute della figlia della donna più importante dell’adorare Dio secondo la religione giusta. Sembra fin che a Gesù interessi, sì, che l’uomo creda, ma non di meno che l’uomo stia in salute. Per Gesù la sofferenza viene prima di ogni religione e infatti compì il miracolo verso la ragazzina tormentata, pur se di religione diversa. La sofferenza non ha religione e Dio per soccorrerci non chiede alcuna tessera, né politica né religiosa. In breve, la religione è al servizio della vita e non la vita al servizio della religione, e amare è l’unico modo con cui il credente sa vivere. Ecco perché in una comunità cristiana sono preziosissimi i ministri che portano la Comunione ai malati, gli operatori della Caritas e chiunque anche singolarmente e senza annunci ufficiali visita chi non sta bene. D’altronde, leggendo i Vangeli, si notano i numerosi racconti di guarigioni. Per essere preciso, nei 4 Vangeli i brani sul tema ‘salute e malattia’ sono 67. Il Vangelo di Marco in particolare è per il 46% un racconto di guarigione di malati (lebbrosi, ciechi, storpi, epilettici,..). Pertanto, non si esagera nel dire che un’attenzione fra le prime di Gesù era la salute della gente. E’ nata di qui la 4^ opera di misericordia spirituale: consolare gli afflitti.
Qual è allora la conclusione da tirare? Che essere cristiani è porsi al servizio della vita, specie della vita ferita, scartata, non ancora nata, tradita, umiliata. Se il 31/12 e l’1/1 li stiamo vivendo come non ci è mai accaduto, noi ugualmente accogliamo questi giorni, perché sono portatori di un augurio, con cui Dio ci dice: sappiate che ama il prossimo tuo equivale a dire non siete nati solo per voi stessi.