Omelia di Domenica 3 Gennaio 2021 - II Domenica dopo Natale
Il Natale di Gesù ha fatto sbocciare il natale nostro, ce lo ha appena detto il Vangelo: a quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Come a dire: chi accoglie il Figlio di Dio diviene pure lui figlio di Dio. Tutto questo è molto bello: Gesù non ha voluto tenere solo per sé la condizione di Figlio di Dio, l’ha voluta anche per noi. E nel Battesimo infatti veniamo consacrati figli di Dio. Ho detto tra me e me: se il Vangelo si augura che tutti si divenga figli di Dio, cos’ha di così illuminante essere figli, e figli di Dio? Queste domande sono pertinenti perché le cose stanno proprio così: non solo essere figli è bello, ma dall’essere figli s’impara! Provo a dimostrare quanto sto dicendo.
1) Essere figli ci ricorda che nella vita siamo dei dilettanti in tutto, lo specialista è solo Gesù, il quale un giorno, di proposito, disse: C’è un solo maestro, il Cristo e voi siete tutti fratelli (Mt. 23). Anche se dovessimo diventare persone importanti, non dovremmo mai toglierci del tutto l’atteggiamento del principiante, dell’apprendista: è in questo modo che ci manteniamo capaci di stupirci e di vedere il nuovo anche nelle solite cose. Quindi, abbandoniamo l’idea che tutto ci deve sempre riuscire e riuscire bene, abbandoniamo l’idea che tutto debba sempre avere successo. Finché siamo in vita siamo allievi, siamo scolaretti. Essere figlio è non sentirsi padroni. Perché dobbiamo sempre coltivare il mito dell’eroe? Perché l’essere primi deve diventare un’ossessione? Perché se non sempre sei titolare ma stai anche in panchina, ti deprimi? Perché dobbiamo sempre pensare a ciò che non abbiamo o a ciò che non possiamo essere o a ciò che non sappiamo fare? Lo dovremmo sapere: non si riesce ad avere tutto!
* Quanti han desiderato una matrimonio bello, ma poi è arrivata la divisione.
* Quanti sposi han desiderato un figlio, ma il figlio non è arrivato. Oppure, quanti invece hanno avuto, sì, dei figli, ma poi non sono divenuti dei figli bravi.
* Quanti avrebbero voluto un mestiere diverso o una professione diversa ma poi hanno ripiegato su qualcos’altro. A 20 anni sognavano una certo futuro, poi qualcosa è intervenuto e tutto è mutato.
* Quanti han desiderato sposarsi ma poi la cosa non è riuscita.
Son certo che Gesù con l’amore che lo caratterizza a queste persone dice: sentimi vicino e pensa a quello che puoi fare con quello che hai.
2) Ancora. Una differenza che io colgo tra un adulto saggio e un figlio è questa: mentre la saggezza di un adulto la cogli in quel che dice, la saggezza di un bimbo la cogli nei suoi occhi. Non è forse vero che guardando il volto di un bimbo s’impara ad amare la vita e ad essere persone positive? Tra l’altro, amarezza e sfiducia non sono atteggiamenti da credenti, e in questa cosa i figli ci sono maestri. Non dobbiamo vergognarci di passare per ingenui della vita per il fatto di rimanere testardamente fiduciosi. Essere figli non è un tema da trattare, è un modo di guardare, è un’apertura del cuore, è un venire colti sempre con della speranza, è un ricominciare dopo che si è caduti. Ecco perché a voi e a me raccomando di far sì che l’essere figli divenga una struttura costante di vita.
Comprendiamo allora perché il Vangelo veda con tanta positività la condizione di figli.
3) In tema di ‘dai figli s’impara’, voglio raccontarvi un episodio che mi ha commosso quando l’ho sentito. Spero di non avervelo già raccontato. Siamo in una 2^ elementare. La maestra chiede: Bimbi, che mestiere fa il vostro papà? E subito: Il vigile del fuoco, un altro: Il muratore, un altro ancora: Il mio papà ha un ristorante. E così altre risposte, finché non toccò a una bimba, Elisa, la quale stette in silenzio anziché rispondere. E la maestra: Dai Elisa, dì cosa fa il tuo papà. La bimba come sotto sforzo, disse: Io al mio babbo voglio tanto bene. Non riuscì a rispondere diversamente perché aveva il papà in carcere. La maestra capì e nel ricomporre quel momento di impaccio che s’era creato, s’avvicinò a Elisa complimentandosi per la risposta. Pensate, Elisa, 7 anni, aveva estratto dal suo cuore di bambina una risposta che scavalcava la domanda. Per lei non contava quello che il papà faceva o dov’era, ma ciò che sentiva per il suo papà. La sua fu una risposta che metteva al centro ciò che più conta in una persona, il cuore. Ha proprio ragione la Bibbia a dire: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti provengono cose mirabili.
Gesù, nel crescere, nel diventare adulti e anziani, aiutaci a non smarrire le cose più belle
che si hanno quando si è ancora figli, soprattutto la semplicità e l’amore per la vita.