Omelia di Domenica 31 gennaio 2021 - IV Domenica del Tempo Ordinario, Anno B
In Italia ogni paesino ha la sua chiesa, invece anticamente nella terra di Gesù ogni paesino aveva la sua sinagoga, luogo nel quale di sabato la gente si riuniva per la preghiera e l’ascolto della Bibbia. Gesù in base a dove si trovava (Nazareth o Cafarnao o Betania...), quando era sabato, come tutti, andava in sinagoga. Bene, ci ha appena riferito il Vangelo che nel periodo in cui Gesù abitò a Cafarnao, ci fu un sabato nel quale Gesù venne a trovarsi al centro di un episodio molto spiacevole.
Tra i presenti in sinagoga c’era un uomo che ‘strano’ era definirlo benevolmente, era del paese e tutti lo conoscevano. Tra l’altro, quel sabato toccava proprio a Gesù spiegare dal pulpito le sacre scritture. Ecco il fatto sconcertante: poco dopo che Gesù prese la parola, quell’uomo lo contestò pubblicamente. Cito il testo evangelico: Nella sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare: ‘Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?’ . Immaginate che io adesso mentre sto parlando venga interrotto da qualcuno di voi, che pubblicamente mi grida: Ma smettila don Fernando, va a contare ad altri le cose che dici. Sei solo un ‘rovina persone’. Il seguito dell’episodio evangelico lo abbiamo sentito. Io adesso voglio mettere in luce del nostro brano un aspetto, anche se secondario: quell’uomo non era uno straniero e nemmeno un pagano, ma uno del paese, di Cafarnao, da tutti conosciuto. E’ come se qui a S. Ilario tutti sapessimo di qualcuno, violento e pericoloso, il quale però, abitando tra noi, non abbiamo altra via che tenercelo. Fu una cosa del genere quella che accadde quel giorno a Cafarnao. Ora, il fatto che quell’uomo non fosse uno straniero e nemmeno un pagano, bensì uno del villaggio, mi ricorda una frase di Gesù: i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua. Che è come dire: non ti viene il sospetto che il tuo vero nemico sia più vicino a te di quanto credi? O addirittura che risieda in te? Eccomi allora al punto: è possibile che siamo noi i peggiori nemici di noi stessi. In tanti anni che son prete, mi è sempre più evidente che la lotta più dura ma anche più importante sia quella da ingaggiare all’interno di noi stessi. Bisogna che ci disarmiamo, o meglio che disarmiamo il nostro cuore dai veri nostri nemici: i giudizi, le invidie, i sospetti, l’attaccamento alle cose, la voglia di squalificare gli altri, il volere sempre aver ragione. Lo ripeto: è importante riuscire a disarmarci. Ho in mente 4 esempi.
> Non possiamo pretendere di migliorarci se noi per primi continuiamo a fare sempre le stesse cose.
> Perché molto spesso siamo dei buoni avvocati con i nostri errori e degli ottimi giudici con gli errori degli altri?
> A una cosa importante purtroppo pensiamo poco: il bene degli altri lo facciamo di più, correggendo i nostri difetti che cercando di correggere i loro.
> E 4^ cosa, la dico con le stesse parole che ho udito da un giovane prete verso un suo ragazzo: Sai perché ti è difficile essere felice? Perché ti rifiuti di lasciare le cose che ti rendono triste.
L’arcivescovo di Bologna, il card. Zuppi, in un suo recente libro, ha questa frase: se si nasconde dentro di noi un lupo, non siamo condannati ad esserlo. Come a dire: si riesce a non lasciarsi condizionare dalla parte peggiore di noi.
Mi avvio a conclusione: sono partito dal fatto che l’uomo disturbato di cui ci ha parlato il Vangelo era uno di casa, per arrivare a concludere che il 1° passo del tragitto verso il miglioramento di noi stessi parte da casa nostra, o meglio dalla casa della nostra persona.
Gesù, se all’uomo di Cafarnao dicesti: ‘Taci, esci da lui!’, rimprovera
con le stesse parole tutto ciò che in noi ci porta lontano da Te.