Omelia di Domenica 7 febbraio 2021 - V Domenica del Tempo Ordinario, Anno B
La suocera di Pietro era a letto con la febbre. Gesù le si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano. E’ un passaggio del Vangelo che abbiamo ascoltato. In esso 3 verbi si susseguono: s’ avvicinò, l’alzò da letto, le tese la mano. Tre gesti che dicono la tenerezza non astratta ma concreta con cui Gesù si accostava a chi non stava bene. L’amore ha bisogno di gesti. Nel giorno del giudizio finale, saranno le mani che avremo teso verso qualcuno che ci salveranno.
In un’altra pagina del Vangelo, Gesù dirà: chi avrà offerto anche solo un bicchiere d'acqua fresca non perderà la ricompensa. Anche qui troviamo Gesù che invita a compiere un gesto: allungare un bicchiere d’acqua. E allora anche qui dico: nel giorno del giudizio finale sarà il bicchiere d’acqua con cui abbiamo dissetato qualcuno che ci salverà. Il Vangelo è tutto in una mano tesa, è tutto in un bicchiere d'acqua allungato. Vedete, la vita non è fatta solo di grandi sistemi o di cose importanti come la professione, il matrimonio, il sacerdozio, la campagna dei vaccini, certo! La vita è anche il susseguirsi di cose molto normali e ordinarie ma che spesso più di altre sono la ragione della nostra felicità. Non nell’ufficialità, ma è dove siamo abitualmente che vien fuori chi siamo veramente. Non è una crisi che ci logora, ma il quotidiano; non è una festa che ci rende felici, ma il quotidiano; non è il giorno del matrimonio a dare successo al matrimonio, ma il vissuto matrimoniale Il punto vero è riuscire a sostanziare di fervore e di amore il nostro tran tran di tutti giorni. Proponiamoci allora di curare di più la normalità. Innamoriamoci di normalità. C’è un coraggio anche nella normalità. Lo ripeto: il nostro vero volto l’abbiamo nella normalità, non nell’ufficialità, nella normalità siamo più naturali, nell’ufficialità siamo più costruiti. E’ il susseguirsi di piccoli gesti a dare qualità alle amicizie e all’amore, compreso l’amore per il Signore. Diceva un mio prof.: niente è più importante di una bagatella. Ciò a cui dobbiamo tendere non è essere dei fenomeni o degli eroi, ma persone normali e felici. La vita è come i giorni della settimana: 1 solo giorno è festivo, gli altri 6 sono feriali. Mi sto dilungando su queste cose perché è il Vangelo che va in questa direzione. Il vangelo ad esempio riferisce che un gruppo di pescatori incontrarono Gesù durante un loro gesto quotidiano, quello del riassettamento delle reti. E in un altro passo riferisce che una donna di Samaria incontrò Gesù durante il suo quotidiano recarsi al pozzo per attingere acqua. Tutto ciò dice che è nel nostro quotidiano che Gesù ama raggiungerci. Ora, il punto è: come faccio a riconoscere la presenza di Gesù nel mio quotidiano, un quotidiano così spesso opaco e senza particolari emozioni? Risposta: stando attenti! E alludo a 2 cose: 1° mai dimenticare che ciò che si vede non è tutto e 2° mai dimenticare che ogni ora che passa non è solo tempo che scorre ma l’ora del passaggio di Gesù. E’ chiaro che solo se siamo persone religiosamente sensibili, si è nelle condizioni di accorgersi di questo passaggio. E persone religiosamente sensibili lo si diviene attraverso la preghiera. Facciamo in modo che nessuna giornata si concluda senza essere stati un po’ con Gesù. Senza quella santa abitudine che si chiama ‘preghiera’ non si diviene capaci di avvertire il passaggio di Gesù dalla propria vita. L’arrivare a dire ma qui c’è Gesù! non è una cosa ovvia ma l’esito di un cammino.
> Chi di noi non è più giovane forse ricorda la sera in piazza S. Pietro a Roma dell'11 ottobre 1962. S’era appena conclusa una fiaccolata. Papa Giovanni pronuncia dalla finestra del suo appartamento parole che conquistarono e commossero il mondo intero: Cari figliuoli, sento le vostre voci…Si direbbe che persino la luna sta sera si è affrettata ad affacciarsi, osservatela in alto, che spettacolo!... Tornando a casa sta sera, troverete i vostri bambini, date loro una carezza e dite loro: Questa è la carezza del Papa. Pensate, quell’11 ottobre era il 1° giorno del Concilio Vaticano II e le persone s’attendevano dal Papa una parola su quell’evento mondiale. E invece no: il Papa li intrattenne parlando di luna e di carezze da dare ai bimbi. Preferì parlare di piccole cose anziché di quel grande evento che, tra l’altro, fu voluto da lui. Perché fece così? Per ricordare a tutti che Dio è nei piccoli gesti.