Omelia di Domenica 23 maggio 2021 - Domenica di Pentecoste
Pentecoste, festa dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo lo abbiamo tutti, preti e non, fin dal Battesimo. Tutti i battezzati, in forza appunto dello SS, sono abilitati e in grado di trasmettere tutto ciò che riguarda Dio. Ieri mattina ero a Reggio ad ascoltare la testimonianza di una suora. Ci riferiva che qualche giorno fa nella sua chiesa di Roma è entrato un uomo che chiese: ho domande su Dio da fare, a chi posso rivolgermi? Le 2 donne delle pulizie presenti, gli dissero. Si rivolga al parroco. Bene, cerchiamo allora di capire un po’ meglio cosa significhi essere battezzati e parlare e agire mossi dallo Spirito Santo.
La 1^ lettura della Messa ci è di aiuto. Parto da queste parole: Dicevano: Costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi li sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti, Giudei Egiziani... eppure li udiamo parlare nelle nostre rispettive lingue. Queste parole ci ricordano che Dio ha un linguaggio comprensibile a tutti e che non ha bisogno di traduzioni. Anni fa è uscita una canzone che diceva: Ti ho chiamato ‘amore’ in una lingua straniera. E mi hai capito perché l’amore non ha bisogno di traduzione. E’ proprio così: c’è una lingua, quella dell’amore, degli occhi e dei gesti, che si comprende al volo e che non ha bisogno di traduzioni o interpretazioni. Ora, anche Dio ha un linguaggio così, e noi battezzati siamo al servizio di questo Dio, comprensibile a tutti e che parla una lingua di fuoco ci ha detto la lettura, cioè una lingua appassionata e capace di accendere i cuori. E’ a questo che si riferiscono le lingue di fuoco di cui la lettura ha parlato. Dunque, l’invito che ci rivolge la solennità di Pentecoste è quello di mettere mano al nostro linguaggio religioso affinché, come quel giorno, Dio anche oggi possa venire compreso da tutti.
> Ancora. La lettura parla di popoli diversi fra loro (elamiti, parti, medi, giudei, egiziani, ecc.). Il fatto che lo Spirito Santo sia sceso su queste persone così tra loro differenti, portandoli a capire la lingua degli apostoli, deve farci dire: essere cristiani c’impedisce di sceglierci interlocutori di comodo (solo i nostri amici tanto per intenderci), ma ci muove oltre la sfera dei ‘nostri’. E se i nostri interlocutori fossero di religione diversa dalla nostra o dei senza religione, occorre tenere presente alcuni principi guida. 1° - Nella vita di coloro che conosciamo poco occorre entrare in punta di piedi, senza spostare nulla... e con la dovuta pazienza, aspettare, prima di emettere valutazioni. Ha detto un antico autore: Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre. 2° - Sapere che non impareremo mai nulla dagli altri, se crediamo di aver ragione sempre noi. 3° - Quando parliamo agli altri di Cristo, deve trapelare che la parola che annunciamo cambia le nostre vite, prima di cambiare la loro. Il Vangelo è prima per chi l’annuncia che per chi lo riceve. Se no rimaniamo sempre dell’idea che di essere sempre i noi i maestrini e i migliori.
> Ancora. Io ritengo che una delle nostre difficoltà a comunicare la fede agli altri risieda nella fatica ad ascoltare. Ascoltare, ma ascoltare davvero, non è di tutti. Una delle ragioni che porta tante famiglie e parrocchie a non funzionare bene è proprio il non ascolto reciproco (tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra prete e parrocchiani, ..). Per caso, m’è capitato di udire questa battuta: tu sai il mio nome, ma non la mia storia; tu hai saputo quello che ho fatto, ma non quello che ho passato. Quindi smettila di giudicarmi. Ebbene, il vero ascolto porta a non giudicare. Guarda caso, il miracolo della Pentecoste è stato un miracolo prodotto dall’ascolto. La lettura infatti, pur dicendo che gli apostoli si misero a parlare mossi dallo Spirito Santo, lascia poi subito questo aspetto per dedicarsi interamente alla capacità degli ascoltatori di intendere quell’ annuncio. In conclusione, riscoprire la Pentecoste significa ritrovare il linguaggio giusto per parlare di Dio e soprattutto il doveroso ascolto delle infinite maniere con sui lo Spirito Santo arriva a noi.
Spirito Santo, è Pentecoste, la tua festa. Come nel Battesimo e nella Cresima, scendi di nuovo su noi qui riuniti e sull’intera nostra unità pastorale. Fa che coloro che avviciniamo, ricevano da noi una parola su di Te, che sia semplice, chiara, comprensibile e appassionata.