Omelia di Domenica 4 luglio 2021 - XIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno B
Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata messa nella mia carne una spina. Ha catturato la mia attenzione questa frase di S. Paolo contenuta nella 2^ lettura. Non sappiamo cosa fosse esattamente per l’apostolo questa spina nella carne, ma cos’è per noi lo sappiamo. E mi spiego. Tutto deve partire dalla parole affinché io non monti in superbia. E cioè: se ciascuno vuole combattere il suo orgoglio - e tutti siamo pieni, troppo pieni di noi stessi - sappia che occorre partire da quella spina nella carne che è in tutti. Qualche esempio.
* Innanzitutto, spina nella carne sono i nostri difetti fisici o di carattere. Sappiamo di averli, non ci fanno certo onore, ci infastidiamo se qualcuno ce li fa notare e tuttavia non se ne vanno da noi, rimangono lì giorno e notte a ricordarci che siamo fatti così.
* Altre volte spina nella carne sono situazioni umilianti, di sottomissione o di costrizione, da cui non si riesce ad uscire.
* Altre volte, spina nella carne è un collega di lavoro con cui siamo gomito a gomito 8 ore al giorno e la convivenza con lui ha momenti davvero duri.
* In altri casi, spero pochi, possono fin diventare una spina, le proprie scelte di vita, come la famiglia o la vita in convento. Mi sto riferendo a quanti vorrebbero scappare dalla propria vocazione perché non la sentono più propria.
* Talvolta, e qui faccio riferimento alla mia categoria, spina sono gli insuccessi pastorali, i fallimenti parrocchiali a cui un prete tocca assistere impotente nonostante avercela messa tutta.
* E da ultimo, la spina può riguardare il caso di una persona sana, anzi sanissima. Che però lungo lo scorrere degli anni comincia a perdere colpi, a dimenticarsi le cose, a dare segni di stanchezza che prima non aveva, chiaro segnale che il suo corpo non è più come prima.
Ecco, sono solo alcuni esempi di spina nella carne di cui ci ha parlato l’apostolo. Son sicuro che S. Paolo non immaginava che la parola spina da lui usata sarebbe diventata nel tempo addirittura un modo di dire. Non diciamo a volte: sei per me una spina nel fianco?
> Dunque, la buona notizia che in questa 1^ domenica di luglio, ci consegna la Parola di Dio è questa: se Dio permette spine nella nostra vita, è perché se le accettiamo e le gestiamo costruttivamente, producono un bene, abbattono ad esempio il nostro orgoglio. M’ha chiesto un giovane: Esiste una formula segreta per superare le difficoltà? Gli ho detto: Sì! Io a questa tua domanda ho risposto mettendomi in società con Gesù. Vedete, una ferita può atterrarci, bloccarci e chiuderci alla vita, ma può anche esserci maestra, indirizzarci e aiutarci a crescere. Come non v’è rosa senza spine, così non c’è vita senza qualche spina. A metà del secolo scorso uscì un libro bellissimo, che fece il giro del mondo, lo vedo in tante case quando sono invitato. Il suo titolo è Il piccolo principe, lo consiglio. Bè, in questo libretto a un certo punto si dice: le spine non servono a niente, sono pura cattiveria da parte dei fiori! In un certo senso è vero, perché in sé una spina non ha nulla di positivo: è pungente e fa male e basta. E però sappiamo che senza le spine, non ci sarebbe quel bellissimo fiore che è la rosa. La rosa senza spine sarebbe un altro fiore, un fiore qualunque. Così è di noi: quelle ferite, o spine per dirla con S.Paolo, Dio le permette per preservarci dalla presunzione e dall’orgoglio.
Signore, grazie, perché con questa immagine della ‘spina nella carne’ ci ricordi che se c’interessa crescere nel bene, la via non sempre è sciolta, spiana e diritta. Facci capire che, in società con te, tutto, bene e male, concorre al bene nostro.