Omelia di Domenica 15 agosto 2021 - Solennità dell'Assunta, Anno B
Ogni sacerdote ha il suo modo di commentare il Vangelo. A me, ad esempio, piace soffermarmi sui particolari, perché sono convinto che il Vangelo sia tutto in ogni sua parte. E quindi anche questa mattina, la mia omelia prende le mosse da poche parole del Vangelo che abbiamo ascoltato. Eccole: Maria, entrata in casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Maria quel giorno entrò nella casa della parente Elisabetta, varcando la soglia di una casa a lei tanto cara. L’espressione varcare la soglia mi piace, perché è come se suggerisse anche a noi di invitare Maria a varcare la soglia della casa della nostra vita. E nell’accogliere Maria le dovremmo chiedere di donarci quella stessa luce e quella stessa grazia che introdusse in casa di Elisabetta.
> Una cosa del genere accadde il venerdì santo, sotto la croce di Gesù. Gesù in quella circostanza dolorosissima, dalla croce a cui era appeso, affidò la madre Maria all’apostolo Giovanni, il quale accettò. Dice il testo evangelico: e quel discepolo la portò a casa sua. E così Maria quel giorno varcò la soglia della casa di Giovanni per rimanervi. Due cose allora adesso vorrei fare: subito intendo far capire cosa significò per Giovanni avere Maria in casa. Poi cercherò di far capire cosa invece significa avere Maria in casa con noi.
1) Parto da Giovanni in casa con Maria. Vissero sotto lo stesso tetto. E cioè, pregavano insieme tutti i giorni, conversavano, consumavano i pasti insieme. Giovanni indossava dei vestiti lavati e piegati da Maria. Partiva da casa la mattina salutando Maria e salutato da Maria: Giovanni faceva il pescatore, era questo il lavoro che lo aspettava ogni giorno. Ma c’è di più: quanti aneddoti su Gesù ragazzo, Maria gli deve aver raccontato. Se i 4 Vangeli non dicono quasi niente sull’adolescenza Gesù, Maria al contrario sapeva tutto: lo ebbe in casa fin a 30 anni! Per esempio, quando aveva 15 anni, Gesù sarà andato a giocare coi suoi amici e sarà rientrato in casa sudato e impolverato. Dava poi una mano a Giuseppe in falegnameria. Ma ripeto: a tavola con Maria, Giovanni quanti aneddoti su Gesù avrà appreso! Ma c’è di più: Giovanni era un apostolo, celebrava la Messa - in casa o in case vicine (allora non c’erano le chiese) - e Maria c’era. Quanto avrei dato per essere stato io, prete, al posto di Giovanni a celebrare la Messa, presente Maria!
2) E vengo all’altra riflessione: cosa vuol dire - non più per Giovanni. - ma per noi, vivere in compagnia di Maria? Tra noi e Maria, quali potrebbero essere le cose da scambiarsi? Bè, io dico che se Maria è una madre dovremmo fare con lei come ci si comporta con una madre. Se quando siamo con Gesù, Egli ad esempio ci perdona i peccati (v. la confessione), Maria non perdona i peccati ma, essendo una madre, a lei possiamo consegnare le nostre pene, le nostre tribolazioni, le nostre lacrime, proprio come un figlio fa con sua madre. Mi vien da dire: a Gesù consegno i miei peccati perché li perdoni, a Maria consegno i miei pesi interiori perché li sciolga. Mi viene in mente la preghiera che ama molto il Papa, quella a Maria che scioglie i nodi. E poi, un modo per tenerci appresso Maria è la recita del rosario, ogni giorno, tutto o in parte.
Concludo tornando alla frase inziale del Vangelo: Maria entrò in casa di Elisabetta. Le diciamo:
Maria, anche noi come Elisabetta, vogliamo accoglierti nella casa della nostra vita. Vieni,
parlaci, dedicaci del tempo, entra nei nostri segreti e donaci tutto ciò che fa il nostro bene.