Omelia di Domenica 17 ottobre 2021 - XXIX Domenica del Tempo Ordinario, Anno B
Quando andavo a catechismo, una delle domande che la catechista affrontava era: cos’è venuto a fare Gesù nel mondo? La risposta la troviamo nel Vangelo appena ascoltato, dove Gesù dice di sé: sono venuto a servire. Testualmente: il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire. Ma... servire chi? Servire cosa? Risposta: servire la nostra felicità, la nostra libertà, la nostra vocazione. Badate che a quei tempi nessuno pensava a un Dio così. Non era mai accaduto che un essere divino si definisse servitore. Gli interlocutori di Gesù dunque si trovarono spiazzati innanzi all’idea di Dio che avevano in testa e che diceva: Dio è il nostro padrone!
Prima di Gesù, le parole Dio e servo non venivano abbinate, perché l’idea del servizio richiamava parole come soggezione, cali di rango, manovalanza, declassamenti di dignità, essere dei dipendenti o dei domestici o delle badanti, stare zitti, non pretendere mai d’avere l’ultima parola. E invece per Gesù no! Per lui, servire non è un declassamento bensì un gesto grandioso (v. la lavanda dei piedi dell’ultima cena). Gesù non disapprova il desiderio di grandezza, a patto che sia una grandezza sostanziata di servizio. Per lui, servire non diminuisce e non toglie la dignità dell’uomo, al contrario, gli conferisce la vera grandezza. Dunque, Gesù è venuto a dirci: sono un servo, sono venuto a servire i vostri sogni più belli, i vostri desideri più alti. E’ fin commovente sapere che Gesù sia venuto per questo, che sia venuto a domandarci: in cosa posso esserti utile? Abbiamo sentito tutti nel Vangelo la domanda che Gesù rivolge a due apostoli: Che cosa volete che io faccia per voi? E’ la stessa che Gesù rivolge a me e a ciascuno di voi: dimmi, cosa posso fare per te? E’ questa domanda la bella notizia che ci consegna la Parola di Dio di questa domenica. In nessuna religione c’è un Dio così: né nell’islamismo, né nell’ebraismo, né nel paganesimo. Domenica prossima ascolteremo nel Vangelo il racconto di un cieco: era di Gerico, si chiamava Bartimeo. Bè, anche qui sentiremo che Gesù dice: Cosa vuoi che io faccia per te? Per farla breve, noi crediamo in un Dio, non teso a ricevere onori, ma teso a servire al meglio le nostre vite. Ecco perché una religione avulsa dalla vita è un non senso, la religione o è a servizio della vita di ciascuno, o religione non è. La religione serve, se serve; se cioè è a servizio. Se dunque è servire la parola chiave di questa domenica, provo a dire in proposito un paio di cose.
1) Per Gesù, dopo il verbo amare, i verbi + belli sono aiutare e servire che altro non sono che una declinazione del verbo amare. Quando ci sentiamo preoccupati più degli altri che di noi stessi, quando siamo più presi dalla felicità degli altri che della nostra, quando la parolina tu è più importante della parolina io, quando alle strette tra me e l’altro, preferisco rimetterci io, possiamo davvero rallegrarci perché è segno che siamo nel gradimento di Dio. Vedete, nella vita non bisogna usare solo la testa, ma anche il cuore: il servizio è quella tipica cosa che deve scaturire da intelligenza e cuore. Una carità non intelligente, ingenua può fare danni, come non si dà alcuna carità che non esca dal cuore.
2^ cosa - Quando mi guardo indietro negli anni, noto che ho trovato più soddisfazione nell’essermi adoperato per qualcuno che nell’ essermi ingrandito con qualche successo personale. Un modo di esistere, tra i più belli, è sentirsi utili, è non vivere invano. Qualche esempio > Se impedisco a un cuore di spezzarsi o se faccio sbocciare il sorriso su un volto triste o se faccio ripartire la speranza nella vita di qualcuno o anche solo se riesco ad accendere una fiammella di vita nel buio di un’esistenza, posso dire: non ho vissuto invano! Si vive di ciò che si possiede, ma anche e soprattutto di ciò che si dona. La qualità di una vita non sta nella sua durata ma nella misura in cui si dona. Torniamo a casa sta mattina con questa parolina di Gesù: sono venuto a servire. Con questa aggiunta: e tu? Trovandoci nel mese della Madonna - per eccellenza ‘donna del servizio’ - concludo così:
Maria, insegnaci l’umiltà del servizio, la
generosità del servizio, la gioia del servizio.