Omelia di Domenica 31 ottobre 2021 - XXXI Domenica del Tempo Ordinario, Anno B
Amerai il tuo prossimo come te stesso. Sono alcune delle parole di Gesù ascoltate nel Vangelo. La frase ha 2 parti: ama il tuo prossimo e come ami te stesso.
> Parto da ama il prossimo tuo. Una cosa su cui non bisogna smettere di vigilare è verificare se quel che noi chiamiamo ‘amore’ lo è davvero. Ad esempio, un appello che io colgo nell’invito ad amare il prossimo da parte di Gesù, lo descrivo così: tu, per capire chi è davvero qualcuno, guardalo come tratta quelli di cui non ha bisogno. Proseguo: quanti sono i gesti di amore che compiamo solo per salvare la buona educazione! Quante volte diciamo parole di cortesia senza cortesia, parole di saluto senza calore, parole educate ma solo formali o gesti di amore senza amore!
L’altro giorno, un amico m’ha chiesto come sto. Io gli ho risposto: Bene. Lui m’ha fissato e m’ha detto: Dai, dimmi cos’hai. Addirittura, una parola carina o un sorriso potrebbero essere un’ipocrisia e un favore potrebbe essere un ricatto. Guàrdati da chi ti fa dei favori, recita un detto. Ora, non voglio passare per il pignolo, che fa la punta a tutto e fa la disanima di ogni dettaglio. Voglio solo dire a me e a voi che è un attimo che nel bene possa infilarsi l’egoismo. E quindi, è l’intenzione che fa buono o cattivo un gesto, non il gesto in sé. Nel famoso inno alla carità di S. Paolo si dice che fin il dare tutto ai poveri potrebbe non essere carità. Sentite cosa diceva San Vincenzo de’ Paoli alle sue suore della carità: Quando fate la carità, fatevi perdonare il dono che fate. Dovete essere così umili, da far sì che, chi riceve da voi la carità, non si senta umiliato. Quanto sono vere queste parole! Non dimentichiamo che chi ci chiede la carità non è in una posizione facile; per tanti è vergogna e umiliazione. Questo le nostre signore della Caritas, ogni sabato mattina, lo possono testimoniare. E allora si abbia la dovuta sensibilità, non si faccia pesare la propria carità a chi non ha colpa, se è povero. Come pure non scordiamo che le povertà sono tante: c’è la povertà materiale, la povertà culturale, la povertà di valori, la povertà di salute, la povertà della solitudine,.. E c’è anche la povertà del non avere la fede. Avere fede è una grande ricchezza, non avere fede è una grande povertà, pur se non colpevole.
> Passo alla 2^ parte della frase: come te stesso. Qui Gesù è come se dicesse a ciascuno: Devi volerti bene. Viene in mente quella frase scherzosa che dice: àmati, sei l’unica persona con stai per tutta la vita. Ma amare se stessi, perché non divenga egoismo, cosa vuol dire? Farsi un nuovo taglio di capelli? Acquistare un bel vestito carino? Cambiare look? Dotarsi di scarpe firmate? Niente affatto.
* Io mi voglio bene quando accetto le mie fragilità senza vergognarmene.
* Io mi voglio bene quando mai di me arrivo a dire: io sono un essere sbagliato. Siamo diversi, certo, nella provenienza geografica, nel credo religioso, nelle idee, nell’orientamento sessuale, ma non sbagliati. Sbagliati mai! Sarebbe offensivo verso Colui che ci ha creato e voluto nel mondo.
* Io mi voglio bene quando non mi sottovaluto, ma cosciente che ho pure io qualche talento, lo metto a disposizione e non lo nascondo come invece fece il servo della parabola evangelica.
* Io mi voglio bene quando le mie criticità non prendono il sopravvento al punto da farmi dimenticare le mie possibilità e potenzialità.
* Io mi voglio bene quando non ho paura di dire il mio pensiero, quando non ho paura di chiedere aiuto, quando vado fiero della mia fede in Gesù.
> Il punto, credo, che sia questo: non posso amare il mio prossimo se non amo prima me stesso. Non vorrei che per alcuni fosse più facile amare gli altri che loro stessi.
Diciamo allora: Gesù, in tema d’amore tu e solo tu sei il maestro. Trasmettici l’amore per Te, gli altri, i nemici e noi stessi.