Omelia di Domenica 30 gennaio 2022 - IV Domenica del Tempo Ordinario, Anno C
La carità è magnanima, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. Son da imparare a memoria queste parole: sono di S. Paolo e le abbiamo sentite nella 2^ lettura della Messa. Notate un particolare: la carità è presentata come se fosse una persona. In effetti è così: non esiste la carità-idea ma chi esercita la carità. Soffermiamoci allora su questo magnifico pezzo della Sacra Scrittura. Premessa: qui carità non significa fare la carità, dare in elemosina, significa invece amore, dono di sé all’altro.
> La carità è magnanima. Magnanima significa grande, dal latino magnum=grande. E vuol dire: ciò che fa grande una persona è la sua carità. Una persona si misura dal suo cuore caritatevole. La carità è la bontà del cuore, un cuore così grande, così largo, così spazioso, che ha un posto per tutti, compresi gli ostili e gli ingrati.
> La carità non è invidiosa. Il caritatevole non considera gli altri dei rivali ma dei fratelli, non è ossessionato dal farsi valere, mai si compiace nell’abbassare l’altro. Anzi, piange con chi piange e, cosa difficile, si rallegra con chi ha successo. Mentre l’invidioso si rode dentro per le tue bravure e gioisce per i tuoi insuccessi, la carità al contrario esulta per i tuoi successi e s’intristisce per i tuoi fallimenti. L’invidioso ha un cuore sbagliato: quando capisce che non riesce a uguagliarti, né a superarti, cerca di sporcarti.
> La carità non si vanta. Cioè, non ha sempre sulla bocca la parola io (io ho fatto, io sono riuscito, io sono stato scelto) ma sa anche apprezzare il buono che è negli altri. Non vuole puntati su di sé i riflettori. E anche quando il caritatevole ama, fa del bene, soccorre, sa rimanere modesto, quasi dimentica il bene che ha fatto.
Ammettiamolo, in tanti di noi c’è un’ansia di visibilità. A tutti coloro che fanno del bene, S. Paolo direbbe: nascondetevi dietro il bene che fate, affinché la gente, più che voi, veda il bene fatto da voi.
> La carità non si gonfia d'orgoglio. Il caritatevole è umile, non ama mettersi in mostra, non pecca di protagonismo, è a disagio se qualcuno lo applaude, ama stare più in 2^/3^4^ fila che al centro. E se tutti lo apprezzano, si stupisce nel vedersi meritevole di tanto.
> La carità non manca di rispetto. Cioè non mette a disagio le persone, non le costringe, ama proporre e non imporre; ama convince- re, non vincere; ama giungere a una decisione in modo concordato, non forzato. La persona caritatevole è pudica, non sfacciata; è educata, non formalista.
> La carità non cerca il proprio interesse. Non è cioè attaccata ai suoi diritti. La più nobile delle ragioni non è aver ragione ma amare, ecco perché la persona caritatevole sa tacere anche se ha ragione. Se vede che giova alla situazione, rinuncia a un suo diritto. Più che rivendicare per sé, ha in mente solo il bene dell’altro.
> La carità non si adira. Cioè, non s’arrabbia, anche se il punto vero non è la rabbia, che può venire a tutti, ma gestire la rabbia. Una cosa importante è riuscire ad impedire alla rabbia di produrre sguardi, gesti, parole che possano ferire l’altro. Quand’ero seminarista, a noi ragazzi un nostro educatore diceva: ragazzi, se avete la possibilità di ferire qualcuno che vi ha ferito, ma non lo fate, Dio vi applaude.
> La carità non tiene conto del male ricevuto. E’ difficilissimo mettere in pratica queste parole. Tra di noi c’è forse qualcuno che, ricevuto del male, riesce a non tenerne conto? La vendetta è un istinto, il perdono è l’esito di un cammino. Vendicarsi è facile perché vien dall’istinto, perdonare invece facile non è, perché è il risultato di un lavoro su se stessi.
> Tutto crede. Cioè, non perde mai la fiducia.
> Tutto scusa. Quando si ama qualcuno che sbaglia, colpevolizzarlo è l’ultima cosa che si fa.
> Tutto spera. Cioè sa sempre guardare avanti e sa pure cogliere il buono che ancora non si vede.
> Tutto sopporta. Solo chi ama molto sopporta molto. Chi ama poco sopporta poco. Ora, più nella nostra vita Dio è di casa e più si è capaci di sopportare: sopportare le critiche, i difetti del proprio coniuge, la supponenza di chi si crede superiore, le cattiverie immeritate, le ribellioni del figlio adolescente, le incoerenze di papà e mamma, la pesantezza di certuni..
Signore, quanta strada ci spetta per arrivare ad avere quella carità che S. Paolo ha tratteggiato.
Ti consegniamo il nostro cuore, solo tu lo sai modellare sul tuo.