Omelia di Domenica 11 settembre 2022 - XXIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno C
Un pastore che sfida il deserto alla ricerca di una pecora smarrita, una donna che non si dà pace e che per ore e ore spazza la casa alla ricerca di una moneta perduta, un papà che abbraccia il figlio tornato a casa dopo che se ne era andato in malo modo. Sono i tre racconti che ci offre il Vangelo di questa domenica. Tutti e tre mirano a trasmettere quest’idea di Dio: noi crediamo in un Dio che ci ama perdutamente e che perde la testa anche per uno solo che dovesse smarrirsi. Anche la sola notizia che un essere umano si trovi sbandato o in brutti giri o nella solitudine più nera è sufficiente a mettere Dio in azione. Vengono in mente la parole di don Milani: Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come un premio.
Mi soffermo sulla terza parabola. Inizia così: Un uomo aveva due figli, un inizio che lascia intendere che forse si trattava di una famiglia ferita, la mamma non c’era o era morta. Il testo poi prosegue: Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta. E qui scoppia il dolore del papà, che nel racconto simboleggia Dio. Questo figlio se ne va di casa in cerca di felicità, perché a detta di lui, in casa sua non l’aveva trovata. E’ la crisi del ribelle che tanti di noi adulti hanno vissuto da giovani. Forse c’è qui a Messa qualche genitore che a suo tempo diede filo da torcere ai genitori e semmai proprio lui, adesso, ha a che fare con la ribellione del proprio figlio. Nel racconto colpisce che il padre non si opponga alla decisione del figlio: non si mette contro la sua libertà. Il bravo genitore sa che davanti ai figli cresciuti devono fermarsi sulla soglia della loro libertà. E’ una fatica, ma sanno che devono fermarsi. Solo che, dice la parabola, l’avventura di sto figlio prende una piega drammatica: dopo aver sciupato i soldi che ricevette, si trova alle prese con forte siccità che investì la zona dove risiedeva e addirittura dovette ridursi a pascolare dei porci. Il giovane libero e ribelle, alla fine, diventa un affamato, uno scontento. Crudeltà della vita o frutti amari di scelte sbagliate? Quanto siamo strani noi esseri umani: desideriamo la felicità e poi facciamo proprio quelle cose che ce la tolgono. Il racconto evangelico continua: quel figlio amareggiato e pentito, si decide a mettersi sulla via del ritorno. Ora, nell’avvicinarsi a casa, il padre lo intravede. E che fa? Non gli importa in quel momento se il figlio tornava per fame o per amore o per paura o per pentimento, gli basta saperlo di nuovo a casa. E infatti quando ce l’ha davanti non emana verdetti o condanne, perché? Ma perché il primo sguardo di Dio non è sul peccato dell'uomo, ma sui suoi tormenti, per guarirli. Nel commento a questo Vangelo, don Pino Puglisi parlava di una pecorella che è dentro la siepe di un recinto, e però nella siepe c’era un buco. Lei lo vede e fa di tutto per passarvi in mezzo e scappare. E ce la fa. Ma presto s’accorge di essere inseguita da un lupo. Corre, corre e anche il lupo la rincorre. Fortunatamente, prima dell’arrivo del lupo, viene raggiunta dal pastore, che la prende in braccio e la salva, la riscalda, l’accarezza e le dà tutta la sicurezza necessaria. Morale del racconto: prima di considerare le nostre famiglie e le nostre comunità cristiane delle gabbie che ci tengono prigionieri e di stanare un buco per andarcene, ricordiamoci di quel proverbio che dice: l’erba del vicino è sempre più verde. Voglio dirvi come io ho modificato questo proverbio: se l’erba del vicino è sempre più verde, forse è perché non stai inaffiando abbastanza la tua.
Per concludere raccolgo tre suggerimenti tra i tanti che ci ha offerto il Vangelo:
1) Non dimenticarti mai di dove sei venuto.
2) Nelle tue scelte, resta e non fuggire.
3) Non allontanarti dall’educazione cristiana che hai ricevuto, semmai modernizzala in tanti suoi aspetti, ma conserva il suo fondale buono.
Signore aiutaci a non essere dei fuggitivi, aiutaci a cogliere la bellezza dell’appartenere e del rimanere nella Chiesa.