Omelia di Domenica 25 settembre 2022 - XXVI Domenica del Tempo Ordinario, Anno C
L’altra sera ero con un gruppo di persone a leggere e meditare il vangelo di questa domenica. Letto il brano, un fiume di domande mi son state rivolte. Perché quest’uomo ricco è andato all’inferno? E’ forse una colpa essere ricchi? Se andò all’Inferno, in cosa consistette il suo peccato? Solo perché amava banchettare? Solo perché amava il lusso? Uno ha chiesto: ma da quando in qua godersi la vita fa meritare l’Inferno! Ho risposto: il peccato di questo uomo ricco non furono i piaceri a cui si concedeva, ma la sua indifferenza, la sua insensibilità e il suo non essersi mai voluto accorgere che un mendicante era lì tutti giorni sotto casa sua.
Non un gesto, non una briciola, non una parola, non uno sguardo verso quel poveraccio, lasciato solo con i cani. Il suo peccato fu la pigra e soddisfatta indifferenza assoluta. Per lui quel povero di fatto non esisteva. Il suo fu un peccato di omissione. Io son certo che nessuno di noi è così cattivo da scagliarsi contro dei poveri, ma lasciare i bisognosi al loro destino nel più totale nostro disinteresse, questo potrebbe accaderci. Il Vangelo di questa domenica lancia un chiaro appello: urge smantellare l’indifferenza! Dò qualche spunto di riflessione.
1) Non diciamo a volte ‘Che cosa ho fatto di male?’ Quante volte ci difendiamo così. Ora, il punto vero credo che sia questo: non basta non fare il male, occorre fare il bene. Qualcuno ha detto: Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto. Il ricco della nostra pagina evangelica non faceva del male, semplicemente non faceva nulla. Il suo peccato era il niente. Per il Vangelo non fare il bene è far fallire la propria vita.
2) Ancora. C’è chi dice che il contrario dell’amore non sia l’odio ma l’indifferenza. Penso che sia vero. C’è chi odia perché ama, l’odio spesso è una variante impazzita dell’amore. Ma l’indifferenza forse è più grave: ti impedisce di vedere l’altro e di e accorgerti di lui. Non solo non lo vuoi vedere, per te non esiste. Amare è non essere indifferenti, amare è accorgersi dell’altro. Nel caso del nostro Lazzaro dice il testo evangelico: i cani andavano a leccare le sue piaghe. Pensate, nessuno se non dei cani s’erano accorti di lui. La vicinanza gli era garantita da animali e non da essere umani.
3) Proseguo. Se il Vangelo dice che ogni volta che provvedi alla persona più disagiata provvedi a Gesù, è segno che Gesù è là dove non vorremmo mai essere. Gesù non è solo nel tabernacolo, ma anche in coloro che puzzano, in coloro che non hanno più una lacrima per piangere, in coloro che sono privi di speranza o che sono arrabbiati con la vita.
4) Un’ultima cosa. Il Vangelo di questa domenica lascia chiaramente intendere che da Dio verremo giudicati non in base ai nostri limiti (chi non ne ha?!) ma in base al bene che saremo riusciti a fare nonostante i nostri limiti. Il Paradiso ci verrà donato in base ai tanti Lazzaro che avremo saputo soccorrere. E chi sono i Lazzaro d’oggi? Sono i ragazzi che sanno solo bestemmiare, i genitori che, nell’ educare, si sono arresi, gli uomini e le donne che vivono ai limiti dell’esistenza, tutti coloro a cui nessuno ha portato l’amore di Dio, tutti coloro per i quali nessuno prega, tutti coloro che considerano la religione un perditempo. Per il Vangelo la vera differenza o meglio la vera opposizione non è tra vivere o morire o tra vincere o perdere, ma tra vivere dimenticati e vivere ricordati, tra vivere gettati nel mondo e vivere raccolti da qualcuno, tra vivere con l’attenzione di qualcuno e vivere con nessuno che ti degna di uno sguardo. Più passano gli anni, più mi convinco che il vero problema non è avere problemi, ma non avere nessuno con cui condividerli.
Signore, come sempre la tua parola non ci hai deluso.
Aiutaci a raccoglierla, a custodirla e ad attenerci ad essa ogni giorno.