Omelia di Domenica 9 ottobre 2022 - XXVIII Domenica del Tempo Ordinario, Anno C
Come ogni domenica ci lasciamo prendere per mano dalla lettura del Vangelo. Gesù è in cammino verso Gerusalemme, a un certo punto, probabilmente per ristorarsi un poco, entra in un villaggio. Ed ecco la sorpresa: 10 uomini malati di lebbra, che vuol dire privi di speranza, prostrati dall’emarginazione, sentendo che c’era Gesù, gli vanno incontro implorandolo di guarirli. E Gesù li esaudisce. Solo che il brano termina così: Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro a ringraziare Gesù. Ma Gesù osservò: Non ne sono stati guariti 10? E gli altri 9 dove sono? Mi ha colpito la domanda: e gli altri 9 dove sono? Ho detto tra me e me: Avrei potuto esserci anch’io tra quei 9? Questa domanda m’ha suggerito qualche spunto di riflessione.
* 10 malati guariti, uno solo però poi torna a ringraziare. 10 a 1: non meravigliamoci, perché la cosa probabilmente riguarda anche noi. Ringraziare non è istintivo, occorre una sensibilità, una propensione. Proprio perché ringraziare non è di tutti, occorre un’educazione, una iniziazione che piano piano renda capaci di gratitudine. Se non tutti possono essere atletici, se non tutti possono essere competenti in ogni campo, tutti invece possono arrivare a dire grazie. Se essere sani è una ricchezza del corpo, saper dire grazie è una ricchezza del cuore.
* Come puoi non essere grato innanzi a chi si adopera per te anche se non lo meriti? Come puoi non essere grato innanzi a chi ti accoglie anche se sei un tipo indisponente? Come puoi non essere grato innanzi a chi ti aiuta quando meno te lo aspetti? Proviamo a pensare a tutti coloro che ci sopportano, a coloro che ci vogliono bene nonostante il nostro caratteraccio, a coloro che ci fanno del bene sebbene da noi non esca mai un briciolo di riconoscenza.
* Chi noi è avaro di ringraziamenti dovrebbe pensare a una cosa: ciò che riceviamo è più di quanto diamo. Se tanti di noi son persone brave, è perché han ricevuto tanto. Quando riusciamo a fare belle cose, sarà anche per nostro merito, ma molto più per un talento che Dio ci ha dato.
* Ancora. Noi diamo spesso per scontate cose che invece meriterebbero tanta gratitudine: la famiglia, gli amici, la fede.
* La parola GRAZIE, essendo breve (appena 6 lettere), ci ricorda che il sale delle relazioni sono proprio le frasi brevi: Ti voglio bene - Che bello vederti! - Scusami, ho sbagliato - Mi sei mancato. Sentire parole così cambia la giornata. Potere delle parole! Come poche parole bastano per abbatterci tutta la giornata, cosi poche parole di segno contrario bastano per farci star bene tutta la giornata C’è nella vita un poco che può moltissimo.
* Più che tra poveri e ricchi o tra italiani e stranieri, una differenza vera tra le persone è quella che c’è tra coloro che sono riconoscenti e coloro che non lo sono affatto. Nessuno è più povero di colui che non sa dire grazie. A educatori e genitori spetta l’educazione alla riconoscenza.
* Un’ultima cosa. Dal Vangelo di questa domenica emerge che pure Gesù va ringraziato. Grazie è quanto Egli s’attendeva da quei lebbrosi. Un difetto di riconoscenza verso Gesù è in origine un difetto di fede.
E allora termino così. Gesù, la tua domanda “e gli altri 9 dove sono?” ci ha colpito.
Facci capire cha la miglior parola che ti meriti, è GRAZIE.