Omelia di Giovedì 8 dicembre 2022 - Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Quando il buon Dio decise di inviare il suo Figlio nel mondo, aveva davanti una questione: trovare una ragazza disposta ad accettare di essere madre e di far da madre al futuro Messia. La scelta cadde su una adolescente di un villaggio sperduto della Palestina, Nazareth. Ecco, è nata da qui la pagina evangelica che abbiamo appena ascoltato, la quale inizia mettendo in scena un Angelo, di cui dice: entrando da lei. Le parole entrando da lei dicono che il primo gesto di Maria fu un’accoglienza. E questo atteggiamento lo mantiene lungo tutto l’episodio. Si vede bene, in ogni passaggio del brano, che Maria ha ascoltato più che parlato e ha acconsentito più che avanzato lei delle proposte. Io vedo qui un insegnamento di Maria per noi che descrivo così: vivere è, sì, fare, realizzare, organizzare, promuovere, conquistare, essere zelanti. Ma vivere, ci ricorda Maria, è anche accogliere, attendere, accettare, ascoltare, abbandonarsi. La vita è, sì, attività ma anche passività; è, sì, dare ma anche ricevere; è, sì, farsi sentire ma anche stare in silenzio; è, sì, correre ma anche fermarsi; è, sì, affermare se stessi ma anche disponibilità. Maria in tutto questo ci è maestra. Mi soffermo su 2 degli atteggiamenti citati.
Abbandonarsi - A Dio non bisogna aggrapparsi ma abbandonarsi. Chi si aggrappa ha paura; invece chi si abbandona, si fida e si affida. Chi sta annegando è per paura che s’aggrappa al bagnino o allo scoglio, ma con Dio non è così: ti butti in Lui con fede. Qualche domanda: quanto abbandono c’è nella nostra preghiera? Quanto affidamento c’è nella nostra fede? Quanta consegna di noi a Dio c’è nella nostra spiritualità? In natura, una scena tra le più è quella del gabbiamo che s’abbandona al vento. Così è il cristiano: colui che s’abbandona al vento dello Spirito di Dio.
Attendere - Maria è stata la donna dell’attesa, tutta la sua vita è cadenzata dall’attesa di qualcuno. Nel nostro brano, l’evangelista, riguardo a M., mette subito una nota di attesa: promessa sposa di un uomo della casa di Davide. Fidanzata, cioè. Nel Vangelo, prima ancora che venga pronunciato il suo nome, di Maria si dice che era fidanzata. E ‘fidanzata’ è una parola che indica un non ancora, è una parola intrisa di attesa, di futuro. Cosa dunque Maria ci dice, oggi, che è la sua festa? Che nella vita ci sono cose che non puoi conquistare, ma solo attendere. Che ci sono cose che non sono il frutto del tuo sforzo ma di un dono che ti arriva. Ha detto Oscar Wilde: Nella vita le cose più importanti non si imparano, ma si incontrano. Chi di noi può dire che le amicizie o gli amori che viviamo sono partiti per lo schiocco delle nostre dita? Nessuno! Fateci caso, le amicizie e gli amori che viviamo sono partiti a seguito di qualcosa che non è dipeso da noi. Ogni amicizia e amore, per partire, han avuto bisogno del sì dell’altro. Quanti fidanzamenti e matrimoni son partiti a seguito di un incontro casuale o per aver colto al volo un’opportunità o per una circostanza per nulla preventivata o per una festa a cui eravamo presenti non sapendo neanche noi il perché o grazie a un campeggio parrocchiale a cui ti eri iscritto all’ultimo. Diciamolo: molte delle cose più belle della nostra vita sono nate da circostanze né volute, né programmate, né attese. Così è stato di Maria quel giorno con l’Angelo. Con Dio occorre essere abituati alle sorprese, all’inatteso.
Maria, tu che hai saputo attendere e abbandonarti aiutaci ad essere così. E dato che le sentinelle sono per definizione persone vigilanti e attendiste, aiutaci a essere come le sentinelle, persone cioè proiettate in avanti, colme di attesa.