Omelie di Domenica 8 gennaio 2023 - Battesimo del Signore, Anno A
(Messa delle 9.15 a Calerno e delle 19 a S. Ilario)
Questa mattina la mia omelia prende le mosse da alcune parole del Vangelo, che trovo di grande attualità.
La prima è lasciar fare - Cito il testo: Disse Giovanni: ‘Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?’ Ma Gesù gli rispose: ‘Lascia fare perché conviene così.’
Allora egli lo lasciò fare. Due volte si dice lasciar fare. Vedete, Giovanni Battista aveva in gran onore Gesù. Fu per questo che innanzi a quel Battesimo non poteva non dire: Io battezzo te, Gesù? Tu semmai battezzi me. Ma Gesù: Lascia fare, conviene che sia così. Come a dire: Giovanni apprezzo la grande considerazione che hai di me, ma ti prego, lascia che faccia io, battezzami per favore. Sinceramente trovo interessanti queste due parole lasciar fare. Ci ricordano che vivere è accettare che le cose possano prendere una piega diversa da quella che vorresti tu. Che vivere è anche fare un passo indietro. Che vivere è anche dare la precedenza. Che vivere è anche capire che il bene ha il suo corso, il quale non è detto che coincida col tuo punto di vista. Che vivere è anche cedere il passo o il posto.
Vengo adesso alla voce celeste che risuonò quel giorno: Una voce dal cielo disse: Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Tre parole compongono questa dichiarazione: Figlio, amato, mio compiacimento.
- Figlio. Essere figli è essere dello stesso sangue, della stessa pasta del genitore. Chi è generato ha le caratteristiche di chi lo ha generato. Se ci atteniamo al binomio causa ed effetto vien da dire: se la causa creatrice è Dio, l’effetto è che in tutti gli esseri umani creati c’è una vena, un richiamo, una traccia, una somiglianza con Colui (Dio) che ci ha voluti. Dice la Bibbia: Dio creò l’uomo... Domanda: chi ci frequenta s’accorge che nel nostro sguardo o nelle nostre parole o nelle nostre scelte c’è qualcosa che sa di Dio?
- Seconda parola: amato. Dice amato, non amante. E’ sentirsi amati che fa amare. E quando l’amore con cui sei amato è quello di Dio, arrivi ad amare non in modo sbagliato. Non è forse vero che ci sono amori sbagliati, amori possessivi, amori gelosi, amori egoistici, amori infedeli, amori incostanti, amori tentennanti, amori non fidati? Ebbene, proprio perché spesso le cose stanno così, ci vuole un amore più grande del nostro, che accompagni il nostro fragile modo di amare.
- Terza parola: mio compiacimento. Termine inusuale ma bellissimo: deriva dal verbo «piacere» e sta per: tu mi piaci, mi fai felice, è bello stare con te. Come in quello di Gesù, anche nel Battesimo di ciascuno di noi, Dio ha detto: Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto la mia gioia. Dire a qualcuno ‘mi compiaccio di te’ è come dirgli ‘sono fiero di te’. Quando un padre dice al figlio Sono fiero di te è la cosa più bella che un figlio possa sentire.
Diciamo allora: O Dio, se oggi è la festa del Battesimo, di Gesù e nostro,
aiutaci a essere battezzati degni di questo nome, cioè coerenti e credibili.
(Messa delle 10.30 a S. Ilario)
Ed ecco una voce dal cielo che diceva: ‘Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento’. Son le parole, appena udite nel Vangelo, che Gesù il giorno del suo Battesimo si sentì rivolgere. Si tratta di parole che un figlio vorrebbe sentirsi rivolgere dai genitori. Quando un adulto dice ad un ragazzo: ‘mi compiaccio di te’ è come se gli dicesse: ‘sono fiero di te’. Cosa c’è di più bello per un figlio che sentirsi dire dal proprio papà Sono fiero di te. Bè, io son certo che l’8 gennaio di 33 anni fa, Dio, nel prendere con sé don Pietro, pensò le stesse cose: Vieni servo buono e fedele, in te ho posto il mio compiacimento.
> Chi è stato don Pietro? Don Pietro è stato un regalo, uno di quei regali che il Signore fa senza cerimonie né segni eclatanti e che nel caso suo s’è caratterizzato per sapienza, santità e autorevolezza. Se siamo al mondo per lasciarlo un po' meglio di come lo abbiamo trovato, bè, don Pietro il segno l’ha lasciato. E tanti di noi, qui presenti, sono il segno bello che lui ha lasciato. Sulla comunità di S. Ilario incombe un’importante responsabilità: la responsabilità di tenere viva la memoria dei suoi figli migliori, o meglio dei suoi padri migliori. Un popolo che lascia sbiadire il suo miglior passato è un popolo ingrato, perché non custodisce i doni sparsi da Dio lungo i solchi della sua storia. E’ chiaro che un anniversario, come quello che stiamo celebrando, non deve ridursi a un’esperienza di nostalgia. E non deve neppure consistere in un copia/incolla di quei bei tempi passati, deve piuttosto consistere nel verificare, a 33 anni dalla salita al Cielo di don Pietro, quanto la freschezza, la bellezza e la carica di quei tempi siano ancora presenti oggi. Il giorno prima di morire, papa Giovanni XXIII, ora santo, al nipote Saverio che stava in piedi, a capo del suo letto, disse Scostati, mi nascondi il Crocifisso. Come a dire: Non togliermi dalla vista l’immagine di Colui al quale devo tutto e in compagnia del quale voglio terminare i miei giorni. Sto ricordando questo aneddoto, perché contiene il segreto della vita di don Pietro: lo sguardo verso Gesù. Racconta il Vangelo di Luca che Gesù, dopo un po' che aveva lasciato casa, tornò a Nazareth dove era cresciuto. Era di sabato, il giorno in cui ci si radunava in sinagoga. Andò pure lui in sinagoga. L’evangelista, prima di riportare quanto Gesù disse, dà una pennellata psicologica interessante: gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. Ecco, questo è stato don Pietro, l’uomo dallo sguardo fisso su Gesù. Sempre nel Vangelo si racconta di un altro sguardo: quello di Gesù che incrociò gli occhi di Pietro e che fece capire a quest’ultimo l’errore del suo rinnegamento. Cito il testo evangelico: Il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: ‘Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte’. E, andato fuori, pianse amaramente. Pensate, quello sguardo generò il ravvedimento di Pietro. Stessa cosa, al contrario però, avvenne di Giuda. Se Giuda, prima di impiccarsi, si fosse imbattuto nello sguardo di Gesù, non sarebbe andato a togliersi la vita. Lo sguardo di Gesù è miracoloso. Ora, qualcuno potrebbe chiedere: com’è che Gesù ti vede? E com’è che tu vedi Lui? Una delle risposte è: vedi gli occhi di Gesù guardando gli occhi di chi lo ama e di chi lo testimonia autenticamente tutti i giorni. Io son sicuro che chi era abituato a confessarsi da don Pietro ha ancora in mente il suo sguardo. Ed era attraverso quello sguardo che avvertiva lo sguardo e l’amore di Gesù. Gli occhi di don Pietro erano il grande tramite con cui Gesù ti guardava. Una delle massime gioie di un prete è poter dire: “Il Signore si è voluto servire di me, Gesù guarda chi mi è davanti attraverso i miei occhi.” Non c’è gioia più grande che provare tutto questo.
Caro don Pietro, tu non sei sparito, tu non ti sei separato da noi. Mantienici in comunione con te, aiutaci a sentirci guardati dal Signore attraverso di te. In questo modo continueremo ad avvertirti come presenza illuminante della nostra vita.