Omelia di Domenica 5 marzo 2023 - II Domenica di Quaresima, Anno A
A chi interessa essere felice? A tutti. Chi tra una preoccupazione e l’altra non cerca uno spazio in cui stare un po' bene? Tutti. Inizio così l’omelia perché fu proprio per questa ragione che un giorno Gesù invitò alcuni suoi apostoli ad andare con lui su un monte per una mezza giornata. Gli apostoli accolsero la proposta di Gesù e la vissero come un regalo, un regalo dal nome trasfigurazione, che il Vangelo ci ha appena raccontato. Per Gesù non è importante solo che si faccia del bene ma anche che si stia bene. Lo confesso: ogni volta che ascolto il Vangelo della trasfigurazione di Gesù è come se respirassi una boccata d’aria buona; ogni volta mi viene rafforzata la speranza. Perché?
Ma perché la trasfigurazione sul monte fu, per Gesù e i suoi discepoli, un momento di felicità. Per questo ci fa bene meditarla. La felicità coincide sempre con qualcuno. Nel racconto della trasfigurazione di Gesù ci son tutti gli ingredienti della felicità: la luce, il volto radioso di Gesù, Gesù che si sente amato dal Padre (gli vengono rivolte delle parole che un figlio vorrebbe sempre sentirsi rivolgere). C’è poi Gesù che parla dei suoi sogni e dei suoi progetti con gli uomini più significativi della Bibbia (Mosè e Elia). C’è Gesù che ha accanto a sé i tre amici del cuore, i quali non capiscono un granché dell’accaduto, e però si vede che vogliono bene a Gesù e lo seguono convintamente. Pietro, Giacomo e Giovanni respirarono quel giorno un’aria di bellezza, da togliere il fiato oggi si direbbe. Non per niente Pietro arriva a dire: ma che bello essere qui! Quel giorno, ognuno sul volto dell’altro vide un tipico ingrediente della gioia: gli occhi. Testualmente: il suo volto brillò come il sole. Una delle cose che fanno bella una persona sono gli occhi, i quali, sia che si abbia 18 anni sia che se ne abbia 80, possono rimanere vispi, dolci, attivi e danno un tocco di bellezza incomparabile. Il corpo invecchia, l’amore no; la fronte mette su qualche ruga, gli occhi no. Pietro avrebbe voluto congelare quell’esperienza, la più bella forse che mai visse. Provo a dire con mie parole, le parole di Pietro: Dai, Gesù, fermiamoci qui sul monte, facciamo qui tre appostamenti. Che fretta abbiamo? Stiamo vivendo un momento così perfetto! Un momento così quando ancora l’avremo! Qui, su questo monte, c’è un Dio da godere! Chiaramente Pietro in quel momento era un po' fuori, dall’ emozione. Gli andava detto: Pietro caro, emozionarsi, entusiasmarsi, sognare sono cose belle, ma sono cose che come ci vogliono, non bastano. Perché? Perché poi occorre scendere dai propri sogni. La vita non la puoi fermare: la vita è quotidianità. Pietro, la visione che ti stai godendo sul monte, goditela fin che dura. E’ come una carezza di Dio e come ogni carezza ha la sua breve durata.
Provo a tirare allora una conclusione. Se quella giornata fu per Gesù e i suoi amici una giornata luminosa, lieta, sciolta e rasserenante, anche a noi Gesù dice: cristiani cari, non dovete solo far del bene, dovete anche star bene. E perché questo avvenga sappiate che io ci sono. Anche a voi voglio offrire la stessa esperienza che vissi coi miei amici quel giorno. Pertanto, accogliete la mia amicizia, vi garantisco che anche voi come Pietro arriverete a dire: ‘E’ davvero bello stare con te, Gesù.’