Omelia di Domenica 15 ottobre 2023 - XXVIII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Come domenica scorsa, anche oggi è davanti a noi una parabola di Gesù. Nell’ascoltarla, balza agli occhi la tristezza di Dio, simboleggiato dal re di cui si parla. In quella città si sposava il figlio del re, l'erede al trono, ma nessuno intendeva andare alla festa, nessuno sembrava interessato. Quel re dunque, nel constatare che la sua sala sarebbe rimasta vuota, provò una fitta al cuore. Ma ugualmente non si diede per vinto e ce la mise tutta perché la sala della festa si riempisse.
1) L’invito Andate a cercare persone per le vie, per gli incroci, lungo le siepi mirava a due cose: evitare che la sala di nozze rimanesse vuota ma anche a far sì che la sua fosse una festa aperta e non selettiva, aperta a chiunque desiderava andare. M’è venuto da dire: E’ davvero straordinario il nostro Dio: vedendosi rifiutato, non abbassa la guardia, non se ne risente, gioca al rilancio e non smette dire: ‘Andate a Non smettete di chiamare ancora gente’.
2) Altro particolare: il testo evangelico dice che alla festa, i servi chiamarono tutti, cattivi o buoni. Non dice buoni e cattivi ma cattivi e buoni. E’ un particolare che sottolinea come Dio non chiami perché si è buoni ma perché si divenga buoni. Dio non ci ama perché siamo bravi, ci ama così come siamo. Dio non cerca persone perfette, ma persone disposte a fare un cammino con Lui. Egli però nel prenderci così come siamo, non ci lascia così come siamo.
3) Terzo particolare, il più importante. Trattandosi di un invito a nozze, il re non aveva bisogno di inservienti o di personale, ma di invitati. Non aveva bisogno di servitù, di dipendenti, ma di gente che facesse festa con Lui. Non aveva bisogno di gente che lavorasse per lui ma che stesse con lui. Insomma, Dio non ci vuole come esecutori, ma come amici.
> Qual è dunque uno degli insegnamenti della parabola? Che se essere cristiani è come partecipare a una festa di nozze, bisogna che nella nostra vita la dimensione della festa prevalga sulla dimensione della malinconia. Il Vangelo di questa domenica ci provoca a chiederci: nella mia vita ciò che mi dà gioia è più forte di ciò che mi intristisce? Nella vita di tutti noi, com’è il rapporto tra essere persone festose e essere persone malinconiche? Un esempio tratto dalla natura ci aiuta. Si dice oggi è scirocco e le onde vanno di qua; domani è tramontana e le onde sbattono di là; i fondali però rimangono inalterati. Ecco il cristiano: la gioia è il fondale della sua vita; tale gioia lo aiuta a resistere all’urto di qualsiasi onda amara. Questa mattina, torniamo a casa questa con alcune domande, anche se scomode: mi piace la mia vita? Al di là di quel che mi capita, c’è un costante fondale di pace che mi accompagna? Ho un suggerimento: in questi giorni ritagliamoci uno spazio di riflessione in cui andare alla ricerca delle cose che ci danno gioia. Ci accorgeremo che le cose gioiose ci sono, e non son nemmeno poche: si tratta di metterle a fuoco meglio e di farne tesoro di più.
Signore, aiutaci a far sì che nella nostra vita la malinconia non prenda il sopravvento.