Omelia di Domenica 28 gennaio 2024 - IV Domenica del Tempo Ordinario, Anno B
In Palestina, ai tempi di Gesù, ogni località aveva la sua sinagoga. La sinagoga era quel luogo dove di sabato la gente si riuniva per la preghiera e l’ascolto della Bibbia. Gesù, in base a dove si trovava (Nazareth o Cafarnao o Betania...), se era sabato, come tutti, andava in sinagoga. Bene, ci ha appena riferito il Vangelo che un sabato, Gesù, trovandosi a Cafarnao, si recò in sinagoga e lì avvenne un episodio molto spiacevole. Tra i presenti c’era un uomo strano, in paese tutti lo conoscevano. Proprio a Gesù quel giorno toccava spiegare le sacre scritture. Cosa avvenne? Che poco dopo che Gesù ebbe preso la parola, quell’uomo lo contestò pubblicamente. Cito testualmente: Cominciò a gridare: ‘Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?’
Immaginate che io adesso mentre sto parlando venga interrotto da qualcuno di voi, che pubblicamente mi grida: Ma smettila don Fernando, va a contare ad altri le cose che dici. Il seguito del racconto lo avete sentito. Io adesso di questo episodio, voglio sottolineare un aspetto: è un aspetto secondario, ma ugualmente importante. Quell’uomo non era uno straniero e nemmeno un pagano, era uno del posto, da tutti conosciuto. E’ come se qui a Calerno o a S. Ilario tutti sapessimo di qualcuno, molto strano, il quale però, abitando tra noi e vedendolo spesso, ci ha abituati alla sua presenza. Ora, il fatto che quest’uomo di Cafarnao fosse uno del posto, mi ricorda una frase di Gesù: i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua. Che è come dire: il tuo vero nemico è più vicino a te di quanto credi, addirittura può risiedere in te. Ecco allora il punto: è possibile che siamo noi i peggiori nemici di noi stessi. E contro questa parte nemica che è in noi, occorre essere decisi come lo fu Gesù, che disse: Taci, esci da lui! Occorre che contrastiamo con fermezza tutto ciò che, in noi, fa il nostro male. C’è un prete della Liguria, si chiama don Claudio Doglio, i cui testi a me piacciono tanto. Questo don, durante un’omelia, ha detto cose apparentemente strane, in realtà azzeccate.
Ci sono animali che si muovono dentro di noi: i conigli, i pavoni, gli orsi, i lupi, i porci, i serpenti, gli scorpioni, le vipere, sono dentro il nostro cuore, sono quegli istinti che, se li lasciamo fare, si sbizzarriscono. Per tenere sotto controllo delle bestie ci vuole però forza. Per esempio, per dominare il cavallo, il cavaliere deve essere forte. È molto più forte il cavallo, ma un abile cavaliere lo doma e lo fa andare dove vuole lui: lo ferma, lo blocca, lo fa galoppare o lo fa stare fermo. Ci vuole forza, non fisica solamente.
Parole sacrosante! Essere conigli o vipere o pavoni è un modo metaforico per indicare certi atteggiamenti. Non diciamo a volte: sei una vipera (cioè sei cattiva). O sei un coniglio (cioè un fuggitivo, un pauroso). O sei un pavone (cioè un pallone gonfiato). Ora, questi istinti negativi vanno aggrediti come fece Gesù, che disse: Taci, esci da lui! Io l’ho capito tardi, ma grazie a Dio ci sono arrivato: la battaglia più dura, più importante e più necessaria della vita è quella che da ingaggiare dentro noi stessi. Lascio allora a me e a voi alcune domande: perché abbiamo sempre l’occhio sui difetti degli altri anziché sui nostri? Facciamo autocritica? Ci mettiamo in discussione? Accettiamo le critiche? Perché diamo sempre per scontato che il nostro sia il punto di vista giusto?
Gesù aiutaci a non essere di quelli che non
perdonano niente a nessuno e tutto a sé stessi.