Omelia di Domenica 2 febbraio 2025 - Presentazione del Signore al tempio
Nel Vangelo di questa domenica è descritta una scena molto bella: un vecchio (Simeone) prende fra le braccia un bimbo (Gesù). E’ un quadretto su cui, credetemi, val la pena riflettere.
- Innanzitutto si tratta di un abbraccio in cui uno dei due è Gesù. E’ Gesù l’abbracciato, o meglio, viene preso in braccio. In un film di un regista polacco, c’è un bimbo in un giardino che gioca e la zia che mette a posto delle pianticelle. D’un tratto, il bimbo chiede alla zia: Zia, Dio com’è? Lei, dopo un istante di esitazione, si avvicina al bambino, lo abbraccia stretto stretto, e gli chiede: Ti piace? E Lui: Sì! E lei: Bè, Dio è così. Pensate, Dio viene definito un abbraccio. Questa definizione di Dio in bocca a una donna semplice, che non aveva studiato (quasi analfabeta) è splendida e altro non è che la traduzione di quanto afferma la Bibbia: Dio è amore. Se ci soffermiamo a contemplare l’abbraccio tra Simeone e Gesù, vengono fuori alcune considerazioni interessanti.
- Innanzitutto, trattandosi di un abbraccio tra un vecchio e un bimbo, io dico: abbracciare un bimbo è abbracciare il futuro, abbracciare un bimbo è credere che anche quando noi adulti verremo meno, le cose andranno avanti ugualmente. Viene in mente la bella canzone di quand’ero ragazzo, Il vecchio e il bambino di F. Guccini. Ha detto Papa Francesco: Il futuro dei popoli è costruito dai bambini e dagli anziani; i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l’esperienza e la saggezza della loro vita. E visto che sono in vena di citazioni, ne aggiungo un’altra, è di A. D’Avenia: Ci vogliono 4 abbracci al giorno per sopravvivere, 8 per vivere e 12 per crescere. D’accordo, è una frase provocatoria, ma il suo senso è molto chiaro.
- Ancora. Per una comunità cristiana come siamo noi, cosa mai vorrà dire abbracciarsi tra adulti e piccoli? Vuol dire che l’esperienza e la saggezza dei vecchi deve saldarsi con la freschezza e l’entusiasmo dei giovani. Che concretamente significa stimarsi, dialogare, collaborare, provare gioia gli uni per gli altri. Questa mattina allora torniamo alle nostre case con questa scena evangelica del vecchio Simeone che abbraccia il piccolo Gesù. Portiamoci a casa la parola ‘abbraccio’. Nelle nostre case, ogni mattina prima di uscire, dovrebbe esserci sempre un saluto fatto di un bacio o di un abbraccio o di una carezza o di un sorriso. Qualche settimana fa ero in una famiglia. La figlia 13enne dice alla mamma: “Mamma dammi un abbraccio.” E lei, colpita da quelle parole, la abbraccia. Dopo, a tu per tu, mi dice: “E’ vero, per carattere e per educazione ricevuta, sono un po' anaffettiva. Non mi vien naturale esprimere con gesti i miei sentimenti. Mi spiace sembrare fredda o indifferente, perché in realtà non sono così. Devo lavorare di più su questa cosa.”
Gesù, vederti in braccio al vecchio Simeone fa venire pure a noi la voglia di abbracciarti.
Anche noi, come Simeone, ti diciamo: “Ti voglio bene”.