Omelia XX^ Domenica del Tempo Ordinario 19 Agosto 2018
L’omelia di questa mattina tiene presente il Vangelo di questa domenica e delle tre precedenti. E’ infatti la 4^ domenica consecutiva che il Vangelo utilizza la parola pane per definire Gesù. Le espressioni che abbiamo sentito sono queste: pane vivo, pane di vita, pane disceso dal Cielo, pane di vita eterna.
Ha detto qualcuno: Sono così numerose le persone nel mondo che hanno tanta fame, che Dio ha pensato bene di presentarsi in forma di pane. Ogni uomo e donna dipendono sempre da un po’ di pane e da un bicchiere d’acqua. Quando manca il pane, manca la speranza e quando manca la speranza, manca il futuro. La vita, è vero, è più del pane, ma non può fare a meno del pane.
Il pane lungo il corso del tempo è diventato un simbolo: rappresenta tutto ciò che ci fa vivere. E’ diventato il pane della speranza, il pane del coraggio, il pane della vita, fin il pane eucaristico per decisione di Gesù.
Se ciascuno di noi oggi è ancora in vita, lo deve ad un incredibile intreccio di circostanze favorevoli.
Molte volte io sarei potuto morire, per un incidente o un terremoto o un tumore o un guasto tecnico... L’altro giorno, sul ponte di Genova, poteva esserci qualcuno di noi, e invece c’erano altri. Voglio dire: la vita di ciascuno di noi è un fragile miracolo che prosegue il suo cammino grazie a tre cose: a circostanze favorevoli, al pane degli affetti che tiene motivata e carica la nostra vita e alla benevolenza di un Padre, Dio, che se continua a regalarci un giorno dopo l’altro è perché non ha cessato di scommettere su di noi.
Di proposto ho parlato di pane degli affetti, perché le relazioni affettive sono quanto di più prezioso possa nutrire il perché noi siamo al mondo. Faccio notare che nei Vangeli di queste domeniche, Gesù, definendosi pane, non lo fa in riferimento al pane eucaristico, ma più in generale a Lui come realtà nutriente. Nutre il cibo, ma tante altre cose nutrono.
- Quando sono incantato ad ascoltare qualcuno, mi nutro.
- Quando una persona mi affascina e mi colpisce, mi nutro.
- Quando due innamorati si contemplano a vicenda, si ‘mangiano con gli occhi’ si suole dire.
- Quando ci scambiamo un abbraccio o una carezza, la nostra affettività viene nutrita.
Ripeto, Gesù paragonandosi al pane, ci annuncia che Lui è in grado di nutrire tutto ciò che in noi ha fame e sete di consolazione o di fiducia o di certezze per vivere o di perdono o di tenerezza. Dato che non c’è nessuno che non abbia in cuore almeno un segreto, almeno un rimpianto, almeno un sogno e almeno un amore indimenticato, solo uno come il Signore possiede e offre i cibi giusti affinché siano colmati simili stati d’animo.
Le ho contate: nel Vangelo di questa Messa il verbo mangiare torna 8 volte. Questa insistenza ha un perché che ho già detto: Gesù tiene a far capire che la sua è una presenza nutriente, di cui ci chiede di avvalerci se vogliamo non semplicemente esistere, ma vivere, davvero e in pienezza. Per Gesù la vita non è questione di anni ma di slancio.
All’inizio del mese, in campeggio, durante un incontro coi ragazzi, si parlava di 4 gradi del vivere: esistere, sopravvivere, vivere e cantare la vita.
Il 1° è l’esistere, ma esistono anche le piante.
Il 2° è il sopravvivere, come i profughi che arrivano in Europa.
Il 3° è il vivere, come un po’ tutti noi.
Il 4° è il cantare la vita, cioè la gioia di vivere.
E’ a questo 4° grado, che Gesù allude quando dice: sono venuto perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza. Ecco ciò che è venuto a fare Gesù: a nutrire la nostra vita, affinché dal semplice esistere possa sempre più salire e confluire nella gioia di vivere.
Voglio terminare con una preghiera che padre Ermes Ronchi e la sua comunità religiosa fanno quando si mettono a tavola:
Signore dona il pane a chi ha fame e dona fame di cose grandi a chi è sazio di solo pane. Donaci, Signore, il pane, la gioia, l'amore, perché è per il pane, la gioia e l'amore che tu ci hai creati. Amen.